Archive for 2020

SkitourenGuru


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What an amazing resource. What a great tool. One of those websites that makes you believe that technology can be used for everything, including mapping the entire Alps and automatically identify the avalanche risk. What a wonderful world.

Startup Life


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 Just a couple of infographics about Startup (stolen from the web or presentation I attend to).

1. A Startup should rather be a RABBIT (and not Unicorn)



2. About failing..


Libri


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Klimt Experience - Locarno (CH)


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We had high expectations for this temporary exhibition about Gustav Klimt in Locarno (CH) but.. once again, I was disappointed by the way art is displayed to the "general public" (i.e. non-experts and people not usually dealing with art, just like me).

  • Room 1: some paintings (actually prints) and a lot of text.. how can you think that a normal visitor will read all of that without getting bored?
  • Room 2: nice multimedia room with "immersive" effects (ok-ish) but really, really slow video/storyline. We stayed in for 20 minutes hoping that something cool would come but.. it didn't. We got quite bored and we moved on.. it would have been so easy to make it shorter but more "intense"
  • Room 3: "Mirror room". I had high expectations and this was possibly the biggest disappointment. Small room, mirrors only on the wall, dirty surfaces (so you could clearly see the glass), nothing special being displayed. Really.. disappointing.
  • Room 4: VR experience. You get goggles and you "dive" into 4 paitings. Nice idea, video was ok but the resolution was low.. you could almost see the pixels..

That's it. 20 CHF is not a high price, but for sure it didn't meet our expectations... and once again I had the feeling that the opportunity of showing some arts was not really exploited well.. pity!

Monte Garzo - Via "Serenissima" (Locarno, CH)


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Bel settore di Gneiss nei pressi di Ponte Brolla - Locarno. La via "Serenissima" attacca sul settore "Pinocchio" e procede fino in cima. Buone protezioni (difficilmente integrabili).  

Descrizione e commenti:

  1. Inizialmente facile, poi aderenza piu' sostenuta, 5c/6a.
  2. Le difficoltà crescono ancora un po', sempre placca
  3. Ora piu' facile (5a/b)
  4. Facile, fino alla fine del settore "Pinocchio". Consiglierei di proseguire e concatenare il tiro successivo (abbastanza breve).
  5. Facile traversata a sinistra (un po' sporca), poi pochi metri di roccia fino alla sosta
  6. Tiro di 5c non difficile (ma un po' sporco)
  7. Bel 6a(+) con non facile aderenza negli ultimi metri

Purtroppo non siamo riusciti a concludere la via ed abbiamo dovuto rinunciare agli ultimi tiri (forse un po' piu' atletici) per motivi di "luce", cosi' abbiamo fatto le doppie sotto un bel cielo stellato..

Da ripetere e concludere!

Melchtal - Stepfen - Via "Orion"


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Bella via sulla parete Stepfen, nella zona di Melchsee-Frutt. Ottima arrampicata su calcare (non sempre compatto, pero') e protezioni piu' che abbondanti.

Breve descrizione:

  1. Facile 5c fino alla sosta un po' scomoda (in mezzo agli arbusti)
  2. Bellissimo 6b di placca lavorata, con bei movimenti
  3. 6c+ abbastanza fisico ma sempre fattibile.

Purtroppo non siamo riusciti a conlcudere per motivi di "luce" (essendo metà Novembre ed avendo messo le mani sulla roccia solo nel primo pomeriggio...). Comunque la zona merita un'altra visita, sia per la bellezza della roccia (anche se, come scritto sopra, qualcosa ancora si muove..) che per la quantità di vie e la "densità di protezioni".

Qui un bel pdf.

Yahtzee


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Gioco scoperto sabato con Gio, Elena e Giorgia, e che merita di essere salvato qui per essere facilmente trovato nel momento del bisogno!

Bastano 5 dadi, carta e penna.

Regole in breve (tutto su wiki):

  • Scopo: realizzare il maggior numero di punti
  • In ogni turno ogni giocatore tira 5 dadi, max 3 volte di seguito. Al termine del turno deve decidere quale "combinazione" registrare (vedi tutte le possibilità su wikipedia).
  • Ci sono 13 possibili combinaizioni e 13 turni, quindi ad ogni turno una combinazione deve essere scelta ed utilizzata (o "annullata" registrando zero punti).
Un ottimo modo per spendere un po' di tempo in compagnia con poco materiale.

Stomaco Peloso e Alba del Nirvana


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Bella arrampicata sabato con Gio. Il mio battesimo della Val di Mello sono stati quei 20 metri di placca sprotetti di "Stomaco Peloso", che poi conduce all'attacco di "Alba del Nirvana", decisamente meno placcosa e piu' proteggibile..

Ambiente davvero fantastico, soprattutto se arrivate una notte d'autunno con la luna piena che illumina le vette innevate, e quando vi svegliate la mattina scoprite i magici colori dell'autunno sugli alberi. La valle è un vero gioiello per me tutta da scoprire, ed ho la sensazione di aver visto solo la punta dell'iceberg.

Descrizione:

  1. La famigerata placca è in realtà facile e lavorata, certamente "banale" se fosse protetta. Invece non c'è niente fino a quel vecchio chiodo posto tanti metri sopra al suolo. Si scala di piedi, come tutte le placche, ma anche e soprattutto tenendo buona la "testa".
  2. Facile diedro fino ad una grossa pianta e poi al bosco. Qui finisce la prima via ("Stomaco Peloso"), che in realtà merita una ripetizione soltanto per quella lunga placca sprotetta.
  3. Bel tiro che traversa verso sinistra con bei passi non banali
  4. Risalire la fessura alla base del tetto, molto bella
  5. Continuare lungo la fessura fino ad una pianta, poi abbassarsi a destra di qualche metro. Un altro bel tiro!

Discesa con una doppia, un po' di bosco ed un'altra doppia sulla placca iniziale (un po' a destra).

Nel pomeriggio una tappa al Sasso Remenno è certamente consigliata, sia per i tanti splendidi monotiri che per l'atmosfera bucolica del prato verde attraversato dal ruscelletto..

"Tonis Lust" - Bergseeschijen (CH)


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Grande arrampicata ieri su "Tonis Lust", una via davvero fantastica: abbastanza lunga, non impossibile ma mai banale e su un granito eccezionale. Due ore dal parcheggio all'attacco, per poi iniziare una successione di tiri bellissimi.

Tra i diversi report in internet i gradi variano molto, in particolare se confrontati con "Dreams of Switzerland" (una bella collezione di vie in Svizzera). Cosi' anche io propongo la mia gradazione, basata ovviamente sulla mia personale esperienza:

  1. Le difficoltà iniziano già al primo tiro, con passi di aderenza abbastanza delicati e protezioni non vicinissime, direi 6a+
  2. Ora leggermente piu' semplice, ma comunque tanta aderenza e diversi metri tra le protezioni (quasi mai integrabili). 6a
  3. Piu' semplice, ma comunque non banale (5b)
  4. Decisamente piu' semplice, ricordarsi di piegare a destra (su sfasciumi) per raggiungere la sosta poco piu' in alt0
  5. Fantastico tiro con bellissimi movimenti (6a)
  6. Altro tiro bellissimo, simile al precedente
  7. Si giunge cosi' al "passo" speciale della via, che ci richiede di "scendere" dall'enorme lama e spostarci sulla parete sottostante. Guardando giù' dalla sosta ci si rende conto di quanto si è in alto! Qualche relazione dice di usare un cordone (su fix) per scendere in A0, ma in realtà basta fare due passi indietro (rispetto alla sosta) sul filo di cresta e cercare buoni appigli sul muro strapiombante, poi con un movimento unico (6b) si "ruota" e ci si ritrova sotto la lama, per poi scendere a terra rapidamente. Un passo bellissimo e molto originale, nonché perfettamente protetto, almeno per il primo. Per semplificare la vita al secondo consiglio di rinviare il fix sotto alla lama, in modo che anche il nostro compagno sia ben protetto. Dopo "il passo" salire sulla parete adiacente (5c).
  8.  Continuare a salire dritti con arrampicata sempre bellissima (5b)
  9. Ora piu' facile, sul filo di cresta (5a)
  10. Ancora su cresta e grandi blocchi, fino a pochi metri dalla croce (5a).

Note:
  • Tanti tiri entusiasmanti, con movimenti splendidi
  • Tutte le soste (a fix) sono attrezzate con anello di calata, anche se dopo "il passo" potrebbe essere complicato effettuare doppie
  • Protezioni distanti e totalmente assenti sulle parti più' facili; non sempre possible integrare (specialmente nella prima metà). Necessaria una certa fiducia nell'aderenza, come si può' capire bene già dal primo tiro.
Per la discesa, seguire i segni bianco-blu (dall'altra parte della cresta) e quindi scendere la lunga pietraia fino a ritornare sui propri passi ed infine all'auto (2+ ore).

Piantonetto


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Due giorni insieme a Giuseppe e Stefano nel vallone di Piantonetto, su ottimo Gneiss che ci concede splendidi pass tra forza e aderenza.

Iniziamo con "La Rossa di Sera Soft", via sportiva che si raggiunge abbastanza velocemente dal rifugio. La via attacca con un 6b che richiede equilibrio e aderenza (passo di 6c). Seguono poi tiri leggermente piu' semplici, fino al penultimo tiro, di nuovo 6b, e di nuovo severo (passo di 6c).

La stessa sera, prima di cena, ci concediamo "Testa Rossa", breve via sportiva decisamente piu' semplice (nonostante sia gradata in modo simile), e di cui consiglio in modo particolare l'ultimo tiro (che sale la "testa rossa", appunto).

Ceniamo nel bel rifugio dall'atmosfera calda ed accogliente, stappiamo una bottiglia per questo compleanno un po' isolato e distante (ai tempi del Corona) e ci prepariamo per il giorno dopo.

Partiamo presto per la "Mellano-Perego" sul Becco di Valsoera, 380 metri di via che richiedono impegno già per l'avvicinamento lungo e ripido. Sulla nostra guida la via è decisamente sotto-gradata (peraltro con scala francese, nonostante sia prevalentemente trad. con fix quasi solo nelle soste), e ci rendiamo conto ben preso che richiede molto impegno e tenacia. 


Tiro-per-tiro:

  1. Facili rampe (III+) fino alla sosta (che si intravede già dalla partenza), alla base di un muro chiaro.
  2. Pochi metri a sinistra, poi salire ed incrociare 1 spit ed 1 chiodo. IV-V
  3. Facile e corto, la sosta successiva si intravede già. III-IV
  4. Tiro lungo e difficile da leggere, almeno per noi. Giuseppe sale e poi gira leggermente a sinistra, fino ad arrivare ad una sosta (spit e chiodo) che non ci sembra essere quella giusta. Anche le difficoltà affrontate sono decisamente piu' alte del previsto (V+).
  5. Stefano apre ora. Dapprima facile, poi una sequenza di diedri/muri decisamente impegnativi e da proteggere (VI+).
  6. Tiro quasi completamente in artificiale (A0, molti chiodi) per superare placche molto lisce e lunghe.
  7. Bellissimo diedro iniziale (VI), poi placca articolata e fessura, molto bello.
  8. Lungo e bel diedro, non troppo difficile (V+), con traverso finale a destra per arrivare in sosta.
  9. Ora conduco io sul bellissimo diedro (V+)
  10. Tiro lungo ed articolato che risale il diedro (V+) fino al tetto, da cui si esce a destra (nonostante un chiodo a sinistra, fuorviante) verso il filo di spigolo (VI). Attenzione agli attriti della corda.. che nel mio caso sono stati.. importanti..!
  11. Superare lo spigolo, salire ancora un po' e proseguire brevemente in cresta fino alla sosta da cui poi ci si cala.


Rientro: diverse doppie lungo la parate accanto, di solito lungo la via "Nel corso del tempo" (noi probabilmente ci siamo calati dall'altra parte.. complicandoci un po' la vita..). E poi si ripete il lungo percorso fino al rifugio..

Via Alta Verzasca


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E fu cosi' che lo scorso weekend io, Marco e Lewis partimmo per la Via Alta Verzasca, con l'idea di fare qualche giorno di trekking in quota. Partiamo da Zurigo (Marco da BS) e ci incontriamo a Locarno, parcheggiamo in val Verzasca (30 CHF per 1 settimana) e ci incamminiamo. Sotto un caldo sole raggiungiamo la capanna Barone, dove mangiamo e ci riposiamo brevemente prima di iniziare l'Alta Via vera e propria. 

La prima tappa, fino alla capanna Cognora, è tutto sommato scorrevole e semplice, sempre in costa. Arriviamo al bivacco - che piu' che altro è un hotel non gestito (con tanto di doccia calda..) -  e con calma cuciniamo.

Domenica mattina piove, cosi' posticipiamo la partenza un po'. Verso le 9.30 lasciamo l'hotel/bivacco ed iniziamo a risalire la montagna puntando alla cresta sopra di noi. Dopo circa 1.5 h di cammino ci ritroviamo su una bella pietraia, io in testa, 50 metri dietro di me Lewis e un po' sotto Marco. Improvvisamente sentiamo l'inconfondibile rumore di grosse pietre che cadono ed alziamo la testa. Dopo un istante dalla parete sopra di noi vediamo arrivare una cascata di rocce che non ci lascia neanche il tempo di urlare. Senza pensare, ognuno agisce d'istinto. Io corro (cioè balzo tra i sassi) in avanti, con la schiena rivolta alle pietre che stanno cadendo, sentendomi come in una roulette russa. Cammino rapido pensando soltanto che se per una sfortunata coincidenza mi troverò' sulla traiettoria di uno di quei grossi sassi d'un tratto sarò' sbalzato via senza neanche accorgermene. Corro e spero.

Poco dopo sento il rumore svanire e mi rendo conto che ormai le pietre hanno trovato la loro strada. Sento Marco urlare e d'istinto sono contento di sentire la sua voce, capisco che c'è ancora. Mi giro e vedo anche Lewis, fortunatamente illeso. Aspettiamo un attimo e raggiungiamo Marco, il quale nello scappare dalla frana è rimasto incastrato e si è infortunato al ginocchio. Ancora preoccupati e tesi per quanto appena successo, ci incamminiamo verso valle a passo molto lento, aiutando Marco a non caricare la gamba ferita. E cosi' scendiamo per 1700 metri per poi rientrare verso casa. 

Ci ha schivati. Abbiamo solo avuto fortuna.

L'ignoranza


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Rätikon - Galadriel


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Image from here

Another amazing climbing day with Andrea.  We go for "Galadriel" in Rätikon (CH), a nice and long multi-pitch that keeps us busy for the whole day. After some kilometers of dirt road we park the car as close as possible to the wall, hike up and finally we start climbing at.. who knows.. late in the morning!

The route is challenging (6c+) but not impossible, except one single step that leaves us puzzled.. see the pitch-by-pitch description:

  1. We actually start climbing on the route on the left, and only after completing the pitch we realize that we are not where we wanted to be! Anyway, the first pitch of Galadriel is not particularly interesting.
  2. Climb a nice crag (6b?) for some meters before switching to a slab (6b+) and testing your adherence skills
  3. Nice pitch, I lead! The hards steps are at the beginning, then it gets slightly easier. 6b+ or max 6c.
  4. Easy pitch, rugged terrain.
  5. Long pitch, but not particularly difficult. 6a+ maybe.
  6. A bit harder than the previous one, but also shorter. Andrea leads.
  7. Start with a nice crag, not difficult but very enjoyable. The hardest steps are at the end, when you have to go all the way to the left, over the small roof, and then right again. Not easy!
  8. Andrea leads the hardest pitch (6c+). It doesn't seem to be particularly difficult, though, except maybe some steps at the end (just before the relay).
  9. A long traverse to the right. I lead and after the first bolt I immediately climb up.. big mistake! And I pay for it with a (not-so-small) fall! I then tried again and the second time I stayed much lower, went a bit more to the right and finally up to the second bold. Much easier! Then continue traversing to the right.. and never go up until you are under the relay (I tried to go up too early a second time and.. I had to go back down!). Overall not difficult, just stay low!
  10. Continue traversing towards the right. Clipping the first 2 bolts is somehow impossible (they are very high), so be prepared to come up with some fancy moves (e.g. climb up, clip, climb down..). After the first 3 bolts the pitch becomes a bit easier.
  11. Easy and not very interesting.

Andrea on the 10th pitch


From the last relay you can rappel down (diagonally, towards the left when looking at the wall) for 40m, then down for 20m (or so), and you will find yourself at the end of the 8th pitch. From there, keep rappelling down along the route.



Sentieri Selvaggi


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Grande giornata di arrampicata  a metà Luglio con il mitico Giuseppe, insieme anche a Valeria e Laura.

Partiamo presto, prendiamo il primo impianto e siamo subito in cima alla pista Paradiso. Poi saliamo verso passo Castellaccio incrociando tanti che puntano al "Sentiero dei Fiori". Una volta in cima scendiamo dall'altra parte, nella valle Narcanello. 


La relazione dice che il sentiero è "segnalato ma in pessimo stato, comunque non pericoloso", ma in realtà diversi tratti sono molto scoscesi e di fatto bisogna mantenere sempre alta l'attenzione. Attrezziamo perfino una rapida doppia per superare un tratto di neve molto dura!


Poi finalmente arriviamo nel grande anfiteatro ai piedi della parete, dove ci aspetta ancora tanta neve (questa volta in traverso) con non poche difficoltà (sempre neve molto dura). 


Giungiamo ora alla parete, ma perdiamo quasi mezz'ora per trovare l'attacco, convinti che fosse più' vicino al lato da cui si arriva: in realtà consiglio di camminare lungo la parete (ben oltre che ciò' che ci si aspetta) finché non si vede l'evidente targa metallica pochi metri sopra al suolo.

Commenti ai tiri:

  1. La via attacca subito con qualche passo non banale (V+ secondo me), e dopo qualche passo facile ci si ritrova in un bel diedro delicato (VII).
  2. Altri passi belli e delicati (VII), con sempre ottime protezioni
  3. Un po' più' semplice (V)
  4. Forse il tiro chiave: traverso a destra con un passo tosto (VII), veramente bello (protezioni sempre ravvicinate)
  5. Facile rampa / gradoni (poche protezioni)
  6. Non difficile, ma la chiodatura inizia ad essere rarefatta
  7. Tiro lungo ma semplice, chiodatura rarefatta
  8. Lungo tiro praticamente sprotetto e difficilmente proteggibile. Le placche da risalire non sono difficili, ma di certo neanche facili. La difficoltà vera è trovare la via (e la sosta!). Libro di vetta nella nicchia dove si sosta.
  9. Bel tiro, le difficoltà aumentano un po' ma la chiodatura aiuta!
  10. Tiro breve di collegamento
  11. Forse noi siamo stati troppo a sinistra e ci siamo ritrovati a risalire facili rampe (III / IV), fino alla sosta
  12. Dalla sosta per motivi di tempo abbiamo saltato l'ultimo tiro e traversato a destra verso la cresta, da cui poi siamo scesi (non banale!) fino al passo Castellaccio. Poi giu' per la pista Paradiso (a piedi, alle 19..) e finalmente alla macchina!


La via è molto bella e i primi tiri (più' difficili e tecnici) sono attrezzati in modalità "falesia" (o quasi), con difficoltà sempre azzerabili. Dal quinto tiro in poi, pero', la via cambia tono e diventa decisamente alpinistica. Pochissimi chiodi/fix e poche anche le possibilità di proteggersi. Difficoltà non particolarmente elevate, ma run-out veramente lunghi su roccia buona ma non sempre ottima. Il problema principale potrebbe essere trovare le soste, cosa che a noi è sempre riuscita (grazie soprattutto a Giuseppe!).

Sicuramente una via che merita di essere ripetuta, anche grazie alle ottime protezioni nei passaggi difficili (che li rendono comunque superabili). Da non sottovalutare la lunghezza ed il carattere alpinistico di molti tiri!

Materiale:

 

Catinaccio! Placcomania e Via dell'Indipendenza


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Due giorni di Catinaccio con Giuseppe!

Partiamo sabato mattina: autostrada, funivia, sentiero e finalmente siamo all'attacco di Placcomania (o "Un Diavolo per Amico").

La via è piu' facile del previsto (direi IV+ con un paio di passaggi di V+), ma la proteggibilità è davvero scarsa e quindi percorriamo diverse lunghezze con pochissime protezioni. In generale le difficoltà sono contenute, ma una caduta/scivolata potrebbe costar caro. Roccia buona ma delicata.. in piu' quasi tutti i tiri sono molto lunghi (40-50 mt).



Breve descrizione delle lunghezze:

  1. Saliamo forse troppo a destra, con il senno di poi saremmo dovuti stare nella fessura erbosa a sinistra. Poi su dritti. Non difficile, ma io salgo i primi 10-15 metri senza dentro nulla..
  2. Facile, si sale per risalti
  3. Spostarsi bene a destra, poi bello spigolo.
  4. Salire e spostarsi decisamente a sinistra (sotto la parete), poi su per placca (da cercare). Non difficile, ma.. abbastanza sprotetto..
  5. Salire dritti (superando i piccoli strapiombi). Non difficile ma.. (vedi sopra..)
  6. Traversare tutto a sinistra per superare il camino. Il passo sembra difficile ma è veramente ben protetto (due chiodi) ed inoltre neppure cosi' difficile. Poi risalire per fessure, facile.
  7. Prima facile, poi fessura carina e mai difficile.
  8. Muretto, poi facile.
  9. Risalire la placconata, poi un po' a destra (ma non troppo) ed infine puntare allo spigoletto arrotondato nero (a sinistra). Superare il tettino ed uscire in placca. Passo delicato e bello, e poi salire in sosta (ultimi metri sprotetti..).

Dopo il nono tiro siamo scesi in doppia (il decimo tiro serve piu' che altro per uscire in vetta). Anche la discesa ci ha tenuti impegnati per un po', soprattutto per recuperare le corde che non perdevano occasione di incastrarsi ed intricarsi. E poi giu' per prati verso il rifugio, poco prima che arrivasse un (breve) acquazzone.

How to study


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Unfortunately I don't remember where I took this from! Sorry!

"Ficus Tremens" - Poncione di Ruino (Val Bedretto, CH)


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Always bring a proper camera..

Ski & Climb in April with Andrea in Val Bedretto. 

We leave early in the morning for a "half-day tour" (these were Andrea's words). After a couple of hours in the car we take our skies and climbing stuff and we start hiking up towards the Capanna CAS Piansecco. Finally we put our skies on for some advanced "ski touring on mixed terrain" (i.e. snow and grass).

Andrea attempting to ski (up) on mixed terrain

After 1-1.5 hour we reach the wall (Poncione di Ruino) where Andrea intends to climb the easy and trivial "Ficus Tremens", 7a+.


Image taken from here

The first pitch (6c+) is half-buried under the snow, thank God. But anyhow the second half is still challenging and not exactly an ideal warm-up.

The second pitch (6b+) is not very difficult, except for the first 3 meters, quite tough. I even try to fly the drone, however for some reasons (maybe wind? or a software problem?) it was very, very difficult to control it and especially to bring it back.. In several occasions I got afraid that the drone would fly (or fall) down to the base of the wall on his own..

The third pitch is an amazing 7a+ along a beautiful, overhanging crack with a delicate traverse at the end. Difficult, exhausting, hard. We struggle. At the end of this pitch, we decide to skip the next two (one is too easy, the last one too difficult) and we rappel down.

Not satisfied, we climb the first amazing pitch (6c+) of the route "Danielli-Pohl", a tiny, long crack that requires delicate, elegant steps.

We then put back on our skies and rapidly descend towards the car: somehow we even manage to enjoy the ride! Finally we drive back and reach Zürich at around 20, after another great half-day tour.

Climbing "Herbstwind" - Klausenpass (CH)


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Image taken from here

Quite an intense climbing route at Klausenpass (CH), with Andrea.

How to get there

From the Klausenpass hotel just go up towards the wall (follow a path at the beginning, then just go straight up). 30 min or so.

General description
  • Bolted, generally well-protected.
  • Belay stations equipped with a ring for rappelling
  • Wall facing south. However when we go there it was still partly in the shade, therefore the first pitch was for us cold and difficult!
  • Rock is generally good, maybe a bit worse in the last pitches
  • Very nice route. First pitch hard, then totally doable.
  • Descent rappelling along the wall. Easy and quick.
Pitch-by-pitch

  1. Hard! 6c+ or so. The rock was cold, we struggled. With a proper "warm up" it would have been fine and fun - I guess. Andrea leads.
  2. 6b, not really difficult. It was just a bit complicated to "read" the rock and find good holds. Still Andrea.
  3. 6b, a bit more interesting. My turn. I end up at a belay station a few meters on the left of the "right" one and when Andrea reaches me and notices the mistake he pronounces the sentence of the day "Ci siamo giocati la via" ("We fucked up the entire route" - simply because we had to spend 5 minutes extra traversing to the "right" belay station)
  4. 6b, nice pitch. Andrea leads.
  5. 6a+, my turn. Not difficult, with a nice step at the end.
  6. 6b+, Andrea. First part very easy, then one step a bit harder a few meters under the belay station.

Romanzo Criminale


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La storia di un'Italia difficile, intricata, violenta, criminale. Di cui sappiamo cosi' poco, nonostante ci abbia segnato cosi' tanto. Di cui forse non sapremo mai tutto.

Identità e autostima


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E incomincia ad incrinarsi anche l'identità (...). L'identità non è qualcosa che avete per natura o per cultura, l'identità è un dono sociale: il concetto che io ho di me lo devo a coloro che mi hanno riconosciuto. Me la da un altro l'identità: se una mamma dice al suo bambino "sei bravo" e lo dice anche la sua maestra, si costruisce un'identità positiva (...). 
E non solo da piccoli, ma anche da grande. (...) Quelli che sono negli apparati puntano alla carriera, perché se vanno avanti c'è un rafforzamento di identità, se vanno indietro c'è un indebolimento dell'identità.

Via Esculapio - Parete di Padaro (Arco, IT)


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Parete du Padaro (immagine presa qui)

Gran bella giornata con Giuseppe, Valeria e Laura.

Attacchiamo presto ma non troppo e ci godiamo la via grazie alle nuvole che offuscano il sole ed evitano cosi' di farci arrostire in parete. In effetti eravamo consci delle condizioni meteo (pioggia prevista alle 15) e per questo abbiamo scelto questa destinazione nonostante l'estate ormai alle porte.

Via molto bella, quasi sempre continua nelle difficoltà, attrezzata con qualche spit nei punti meno proteggibili. Numerosissimi i cordoni in via (su clessidre), quasi superflui nuts e friends. Soste attrezzate con anche anelli di calata.

Tiro per tiro:

  1. Qualche metro un po' piu' difficile, poi facile fino in sosta
  2. Bellissimo camino, non difficile e di puro piacere
  3. Placca un po' piu' difficile
  4. Bel tiro, non facilissimo: salire obliquando a sinistra, poi muretto e traverso a sinistra non banalissimo. Forse il tiro piu' impegnativo (ma non troppo).
  5. Bella (ma corta) fessura in stile misto-Dulfer, poi facile
  6. Placca, bella
  7. Continuazione della placca, piu' facile
  8. Traverso su sentiero/cengia, 15 metri verso destra
  9. Bel tiro: muretto iniziale, poi ancora qualche bel passaggio mai troppo difficile. Si arriva cosi' nel bosco soprastante, sosta su pianta.

Discesa seguendo il sentiero verso destra fino ad un terrazzino. Prima breve calata, poi discesa per bosco ripido, poi due calate (40 + 50 mt). La seconda quasi interamente nel vuoto! Al termine della seconda calata bisogna spingersi leggermente per raggiungere l'avancorpo separato di qualche metro dalla parate. Non difficile, ma sicuramente non un passo che capita tutti i giorni!

Per dettagli piu' approfonditi vedi sassbaloss.

The night we met


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I am not the only traveler
Who has not repaid his debt
I've been searching for a trail to follow again
Take me back to the night we met

And then I can tell myself
What the hell I'm supposed to do
And then I can tell myself
Not to ride along with you

I had all and then most of you
Some and now none of you
Take me back to the night we met
I don't know what I'm supposed to do
Haunted by the ghost of you
Oh, take me back to the night we met

When the night was full of terrors
And your eyes were filled with tears
When you had not touched me yet
Oh, take me back to the night we met

I had all and then most of you
Some and now none of you
Take me back to the night we met
I don't know what I'm supposed to do
Haunted by the ghost of you
Take me back to the night we met

Testimonianza di un medico del Policlinico San Matteo di Pavia


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Sono tanti gli scenari ai quali un medico non è preparato dal momento in cui ottiene l’abilitazione alla professione. Questa è fonte di curiosità in alcuni, di angoscia in altri. La paura è quella di non essere all’altezza e di non sapere se la preparazione sia sufficiente a fronteggiare la gestione del paziente. Nei testi di medicina il coronavirus è un virus come altri, che magari hanno effetti più devastanti sull’uomo. Inconsapevolmente crediamo che le epidemie siano roba da terzo mondo, da guerra, da degrado sociale e quindi lontane dalle nostre città pulite e civilizzate. I vaccini (ringraziamo di avere la possibilità di farli) ci proteggono dal diffondersi di vecchie infezioni; tuttavia l’ebola, la malaria, la tubercolosi e molte altre uccidono ancora. Personalmente ho visto alcune di queste con i miei occhi – in Uganda ed in Etiopia – e questo mi ha reso consapevole di essere, senza merito, privilegiato. Credo che ciò che ha sconvolto le nostre vite sia la vulnerabilità di cui non siamo sempre consci, noi medici per primi; eppure siamo esposti quotidianamente, non solo ora, a rischi professionali anche più gravi del contagio da COVID-19, questo è bene ricordarlo.

Sono un medico di 29 anni in formazione specialistica presso la Scuola di Medicina Interna di Pavia, al Policlinico San Matteo. Siamo a non più di mezz’ora dall’epicentro dell’epidemia italiana e siamo stati uno dei primissimi centri che ha accolto pazienti COVID-19 positivi, oltre al famoso paziente zero. Non so dire come sia successo, da un giorno all’altro abbiamo capito che stava per succedere qualcosa, ma senza capirne la grandezza. Ed è così che, ormai da più di un mese, le nostre vite professionali e non, sono cambiate. Se all’inizio i pazienti COVID-19 erano confinati al Reparto di Malattie Infettive, ora sono la nostra quotidianità. La scarsità di DPI (dispositivi di protezione individuale) in Lombardia ci ha costretto a rivedere i nostri turni di lavoro: meno persone con più compiti da svolgere per non esaurire le scorte e garantirci di lavorare tutti i giorni e tutte le notti. Dato l’alto turnover di pazienti, non esiste più il concetto di weekend. Non conoscevamo inizialmente come trattare un paziente COVID, ma è stato incredibile scoprire che i pazienti sembrano uno la copia dell’altro, stessa presentazione clinica e strumentale. Abbiamo ricoverato pazienti di tutte le età, dai grandi anziani agli inattesi ventenni. Per questo motivo abbiamo dovuto imparare a gestire le NIV (non-invasive ventilation) per trattare pazienti gravi con le CPAP (macchine che offrono una pressione di supporto ventilatoria), a impostare terapie antivirali o biologiche di nuova generazione. Impariamo dagli errori, dall’esperienza di altri Centri, questo è quello che mi continua ad affascinare della medicina: è una scienza fluida, cambia continuamente.

La mia giornata tipo inizia con la vestizione nelle stanze pulite in cui indosso i DPI, attenendomi a procedure protocollate, impiegando circa 30 minuti. Poi si inizia prendendo i parametri vitali di tutti i pazienti, interpretando gli esami del sangue e le radiografie, impostando le terapie, regolando i flussi di ossigeno che quasi ogni paziente assume. Questo virus toglie a tutti l’ossigeno, dal paziente con la polmonite, al personale sanitario nelle mascherine soffocanti, al parente del paziente che non può vedere il proprio caro. La giornata vola perché i pazienti sono tanti e spesso sono “instabili”, dunque possono peggiorare da un momento all’altro, possono richiedere l’intubazione o avere un arresto cardiocircolatorio. Si tratta di pazienti che un giorno respirano con un minimo supporto di ossigeno e il giorno dopo possono aver bisogno della ventilazione invasiva, pazienti che non sai se troverai nel loro letto la mattina successiva.

La parte della giornata per me più difficile è quella delle telefonate. Parlare con i parenti è difficile, anche questo non si insegna all’università. Comunicare la morte del padre ad un tuo coetaneo, dire alla moglie che il marito verrà intubato o, peggio, che non può essere portato in Rianimazione perché non c’è posto per lui, queste sono le cose che ti porti a casa e nella vita. Ma anche le chiamate ai rianimatori non sono semplici, perché capita ogni giorno (spesso più volte al giorno) di dover provare a trasferire i pazienti gravi in Rianimazione. Però le terapie intensive sono piene, sempre, e allora parte un confronto fatto di pro e di contro, di aspettative di vita che ogni paziente ha e questo è ancora più duro, perché è in quel momento che si sceglie se il paziente avrà altre chance o se per lui rimarrà solo la speranza di farcela. Parliamo di pazienti dell’età di nostro padre o nostra madre. Sembra una lotta assurda in cui entrambi si vince o entrambi si perde, perché quando il rianimatore ci dice di non poter prendere il paziente, soffre insieme a noi. Paziente oncologico, paziente anziano, paziente pluripatologico, sono tutti pazienti che perdono il diritto di priorità rispetto ad un paziente più giovane o senza malattie pregresse. Come farlo sembrare giusto agli occhi di un parente?

Questo virus ha tirato fuori da ciascuno di noi il “carattere”, svelando i pavidi e gli instancabili, i sensibili e i cinici. È strano, ma provo un certo egoismo quando, stando a casa, mi sento meno partecipe, mentre vorrei essere protagonista. Rientrare a casa distrutto e crollare sul divano guardando un film e svegliarmi alle 3 di notte per trascinarmi sul letto, mi fa stare meglio che poltrire a casa tutto il giorno prendendo impegni che probabilmente non porterò a termine.

Nonostante tutto, voglio credere che questa esperienza lascerà in ognuno di noi cicatrici più o meno profonde, che ci ricorderanno l’importanza delle cose vere, delle relazioni, della collaborazione, del tempo per se stessi e della fortuna di vivere in un Paese con un buono (ma potenzialmente ottimo) Sistema Sanitario.

Umberto Sabatini

Alta Via dell'Adamello Orientale (Progetto)


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Idea dei Diavoli del Salarno (presa dalla loro pagina Facebook, con semplici modifiche / tagli).

Programma giornaliero:

  1. Bazena - Passo dell'Asina - Lago della Vacca - Cima di Laione - Passo del Termine - Val di Leno - Lago di Boazzo - Val Danerba - Bivacco Casina di Danerba
  2. Bivacco Casina di Danerba - Porta di Danerba - Cop del Breguzzo - Valle di San Valentino - Valle Dosson - Bocca di Conca - Val di Conca - Rifugio Carè Alto
  3. Rifugio Carè Alto - Vedretta di Lares - Corno di Cavento - Passo di Cavento - Vedretta della Lobbia - Passo della Lobbia Alta - Vedretta del Mandron - Lago Mandrone - Passo Presena - Passo Paradiso - Passo del Tonale

Un viaggio straordinario alla scoperta dell'Adamello Orientale, altrettanto entusiasmante ed affascinante rispetto alla parte Centrale ed Occidentale. Sci + Alpinismo + Amicizia: una combinazione insuperabile, invincibile. 

[...] La voglia di partire è tantissima, proprio non vediamo l’ora di caricarci gli enormi, pesanti zaini sulle spalle (Boiler caro, da quanto tempo) e incamminarci verso la Val Fredda col vento che ci prenderà a schiaffi e le pelli che slitteranno su quella specie di cemento armato vetrato che ribatte indietro anche i rampanti. Ma c’è poco da indugiare, dobbiamo arrivare in Val Danerba, che non è proprio dietro l’angolo. Inoltre, dal Passo del Termine in poi, ci muoveremo in una zona a noi completamente sconosciuta (e questo varrà fino al Corno di Cavento, ossia per quasi tutta la traversata), quindi saremo più lenti anche solo per il fatto di dover cercare percorso, passaggi, segnali… oltre ad eventuali imprevisti che potrebbero rallentarci ulteriormente. 

[...] La discesa alla Malga del Gelo, che sorge sul pianoro più alto della Val di Leno, sarà la sciata più bella dell’intera traversata; un gigantesco piano inclinato dalle pendenze ideali (e neve farinosa) dove ci sentiamo davvero piccoli piccoli, schiacciati da tanta bellezza. Piccoli ma euforici. 

[...] La Val Danerba si apre splendida, incantata. Vista da lontano, la Casina, sembra la classica casetta delle Fiabe: tutta in legno, nel mezzo di una bella radura fra i larici, illuminata dall’ultimo sole del pomeriggio. Mentre ci avviciniamo, però, l’entusiasmo diminuisce ad ogni passo lasciando spazio a crescenti perplessità, che trovano l’apice quando ormai prossimi alla baita, adesso in ombra, una grossa croce di legno troneggia davanti alla sfasciata facciata principale, dall’aspetto assai inquietante. 

[...] La partenza arriva come una benedizione e con rinnovato spirito ci avviamo ancor prima dell’alba; ci aspetta una tappa lunga e completamente incognita, il che aumenta l’eccitazione. Il fondo della Val Danerba è veramente suggestivo, un fascino autentico, amplificato dai primi bagliori di chiaro. Iniziamo la salita vera è propria quando il sole alle spalle infiamma i pendii della Monoccola, firmati con le nostre curve di ieri. La Porta di Danerba sembra non arrivare mai e il profondo canalone che ne costituisce l’accesso è ripido e faticoso. Neve da rampanti prima e ramponi poi. Finalmente al passo, iniziamo un lungo traverso ascendente in direzione del Cop del Breguzzo (la nostra cima della giornata), che individuiamo senza fatica; ci troviamo nell’ampio teatro dominato dal Corno di Trivena e dai Cop, di Breguzzo e di Casa. Tutto appare evidente e siamo raggianti, come la giornata. La salita alla cima è una facile cresta di misto, ben tracciata, ideale per sgranchire braccia e gambe. Panorama di valore assoluto dalla vetta; da troppo tempo volevo conoscere questa parte importante di Adamello. Senza fretta torniamo ai Boiler e ci rimettiamo in assetto da discesa, pronti per la parte cruciale della tappa; dobbiamo scendere nella Valle di San Valentino per poi risalire la Valle Dosson fino alla Bocca di Conca; da lì penseremo a come arrivare al Rifugio Carè Alto. Pare sia una zona molto poco frequentata e, infatti, se fin ora qualche traccia l’abbiamo sempre trovata, non appena valichiamo la cresta che scende dal Cop di Casa, delimitando la Valle, qualsiasi segno di passaggio scompare e la sensazione d’isolamento cresce a ritmo esponenziale.

Ecco l’Adamello che piace a noi, ecco quello che cercavamo. Dopo una goduriosa sosta poco oltre il Bivacco Dosson, dove troviamo preziosa acqua corrente, ci alziamo lungo la valle schiacciati dalla meravigliosa maestosità della Parete Sud del Carè Alto, che si staglia luminosa di fronte a noi. E’ un momento di fortissima emozione, che si aggiunge ai tanti che non dimenticheremo. Non siamo troppo sicuri di quale sia la Bocca di Conca e ci dirigiamo verso la massima depressione della cresta Sud Est del Carè, che è la cosa che assomiglia di più a un passo. Quando oltre a noi si apre la profonda Val di Conca e in lontananza riusciamo a scorgere il rifugio abbiamo la conferma della bontà del nostro intuito. Manca poco e iniziamo a pregustare la comodità di un letto vero (ma tacciamo per scaramanzia, visti i precedenti). Non sarà così banale, comunque, arrivare a destinazione, in quanto, per non perdere quota e finire troppo bassi dovendo poi risalire, ci ingaggiamo in un traversone a mezza costa (ripida) piuttosto aereo che, visto poi, fa una certa impressione. Siamo sulla terrazza del rifugio (nido d’aquila eccezionale) per l’ora della merenda, con tutto il tempo per sbrigare le faccende “domestiche”, fra le quali cercare di capire col chiaro quale sia il passaggio migliore per superare il profondo salto di roccia che divide il rifugio dalla Valle di Borzago, altrimenti domattina al buio ci perdiamo le ore.

[...] Partiamo molto presto domenica mattina, lo zero termico si alza parecchio e non vogliamo sorprese. Mentre scendiamo con picca e ramponi il ripido canale/pendio che da sopra il rifugio ci permette di raggiungere la parte alta della Valle di Borzago, ci rendiamo conto di quanto sia stato prezioso e strategico il sopralluogo del pomeriggio; alla cieca, con questo buio, non ci saremmo mai infilati giù di qui… La luce della luna fa brillare il Sass de la Stria che spunta come un obelisco dalla bianca testata, costituendo un fondamentale punto di riferimento per raggiungere il ghiacciaio. Ci orientiamo facilmente e, calzati gli sci, iniziamo quella che sarà la salita più bella dell’intera traversata. Siamo esposti perfettamente ad Est, entrando così a far parte del capolavoro dell’alba. Come ammirare un quadro enorme ma dall’interno, da protagonisti. Ad ogni passo c’è una luce diversa, una sfumatura nuova, un colore in più. L’orizzonte è in fiamme, Il vento è la colonna sonora. Poi d’improvviso il primo raggio: la magia è compiuta. Un rito che si compie ogni giorno, da sempre. Da sempre, per chi lo vive, d’un’intensità sconvolgente.

Poco dopo l’alba siamo sulla Vedretta di Lares dove, per quanto spettacolare, non possiamo che constatare amaramente le pessime e deprimenti condizioni del ghiacciaio, dalla pala del Carè Alto, inguardabile, all’ormai sempre più isolato Lago di Lares. Ma si sapeva, purtroppo. Puntiamo decisi al Corno di Cavento compiendo un largo e redditizio semicerchio e la sensazione è di trovarsi ad attraversare un mare in tempesta, pietrificato; Il vento ha lavorato con feroce insistenza. Molto suggestivo ma piuttosto scomodo con gli sci ai piedi che s’impuntano negli enormi sastrugi.
Raggiungiamo la panoramicissima cima senza difficoltà e velocemente sciamo al Passo di Cavento, ormai diventato molto disagevole da valicare, su entrambi i vesanti, per l’abbassamento del ghiaccio. Ennesimo cambio dì assetto. Il lato Est non presenta rogne particolari mentre scendere ad Ovest, sulla Vedretta della Lobbia, necessità di un po' di mestiere e cautela, soprattutto per il crepaccio terminale che separa il ripido pendio dalla Vedretta vera e propria. Non descriveremo come abbiamo superato quest’ultimo per non perdere quel briciolo di dignità che ci siamo guadagnati fin ora, così come ci auguriamo che nessuno abbia visto la scena…

Scivoliamo rilassati ai piedi del Crozzon di Lares in direzione del neo valloncello alla base del Passo della Lobbia Alta. Prima di rimettere le pelli diamo fondo alle provviste rimaste sforzandoci di non vomitarle subito dopo, quando, rimontando al passo, passiamo a fianco del nuovo mastodontico impianto che oltraggia il luogo senza alcun ritegno. L’ennesimo sfregio dell’uomo alla natura e, nella fattispecie, ad un luogo che meriterebbe rispetto anche solo per la storia che racconta.

Ormai siamo a casa. La sciata verso il Mandrone si rivela più divertente del previsto per via della farina accumulata dal vento; ci voleva proprio. Si sentono i canti delle Sirene del Valletta e del Pisgana ma noi, stoici, restiamo fedeli alla linea. Se Alta Via Orientale dev’essere, lo sia fino in fondo; all’estremo Oriente: al Tonale. [...]

Bohemian Rhapsody


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"The only thing more extraordinary than their music is his story".

Olivetti


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Che personaggio incredibile e che storia intensa e motivante.

Chernobyl


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An absolute masterpiece. Incredibly well done. Amazing picture. Terrifying (real) story. Simply can't be missed.

Valley Uprising


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A must-see documentary about the incredible story of rock climbing in Yosemite.

Costumi


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Galimberti, "Teatro Osservatorio" Ass. Cult.

È questa la nostra situazione, non so se la guardate questa nostra società, non siamo felici, non siamo contenti, siamo tutti preoccupati, ci guardiamo negli occhi.

Se poi guardiamo i nostri figli ci preoccupiamo ancora di più, poi se guardiamo i nipoti è meglio che chiudiamo gli occhi. Perché i nostri figli a nostra volta non hanno fatto altro che erodere la ricchezza accumulata dai padri e dai nonni, questa è stata la loro funzione perché non possono far niente.

Io all’epoca mia potevo comprarmi una casa facendo il professore di liceo, guadagnavo 110 mila lire, una casa al metro quadro costava 75 mila lire, e quindi mettendo via, si faceva un mutuo, e si comprava la casa. Oggi un giovane può comprarsi una casa? No, gliela deve comprare il genitore. E adesso i giovani non sono in una situazione drammatica perché ci sono i genitori che li mantengono, ma i figli di questi vostri figli… qui è finita, qui è finita.

Ecco noi occidentali adesso abbiamo questa invasione, è così, e questa invasione, attenzione bene, io quando insegnavo storia nei licei, sui libri di storia c’era scritto che i popoli, le civiltà, e le culture, finivano per decadenza dei costumi. Dicevo ai miei studenti “non guardate queste baggianate facciamo una storia economica che capiamo meglio le cose”. Niente di più falso. Oggi sono perfettamente convinto che i libri che circolavano allora, che davano la decadenza dell’Impero romano sulla base della “corruzione” dei costumi sono perfettamente veri. Una civiltà cade per corruzione dei costumi. 

Roma è decaduta per corruzione dei costumi. Che cosa facevano i romani? Nessuno che lavorava, tutti quanti ai giochi, venivano mantenuti coi proventi che provenivano dalle colonie e dagli stati che avevano occupato, e poi a poco a poco non avevano più uomini che andavano a fare lavori pesanti. Quindi hanno iniziato a importare i barbari per fare l’idraulica, per fare i soldati perché nessuno era più in grado di combatterli i romani, dopo 3 secoli avevano l’imperatore barbaro che si chiamava Diocleziano, punto e accapo.

Oggi i nostri ragazzi sono in grado di fare delle guerre? Meno male che non sono più capaci, ma non è che decidono di non fare delle guerre, non sono più capaci. Non c’è più un rito iniziatico per loro. Non si interrompe mai questa loro adolescenza perenne.

Siamo veramente deboli, noi siamo il popolo più debole della terra, perché siamo il più tecnicamente assistito quindi possiamo resistere solo se diventiamo una società assediata. 
Però in una società assediata la domanda che mi posso fare io adesso è questa: lei si immagina che nella società di oggi possa nascere qualcuno che assomigli a Leonardo da Vinci, a Beethoven, se le immagina queste cose? No. Non è più possibile, quindi già da qui si vede che non è più possibile che accada quello che accaduto quando l’Europa era potente. Poi se guarda il mappamondo e guarda che l’Europa è una piccola porzione di Asia, come facciamo a resistere agli asiatici, sia nella forma dei Russi, sia nella forma dei cinesi, sia nella forma degli indiani e sia nella forma dei musulmani.

Come facciamo? Con una politica che non è più luogo della decisione, come prevedeva bene Platone, perché la politica per decidere guarda all’economia, e l’economia per decidere guarda alle risorse tecnologiche. Quindi il potere decisionale si è spostato dalla politica all’economia, questo lo sentite sulla vostra pelle tutti i giorni, e l’economia a sua volta per decidere i suoi investimenti guarda alle risorse tecnologiche. E quindi è passata alla tecnica la quale è indifferente alla vita umana, gli interessa solo lo sviluppo che noi scambiamo per progresso. Lo sviluppo è semplicemente il potenziamento di una dimensione; il progresso è lo stare meglio di una popolazione. Questa distinzione era di Pasolini e l’abbiamo pensata poco. 

E adesso ci troviamo in un contesto dove la stessa eudemonia, la stessa autorealizzazione, è impraticabile. Provi a chiedere a un giovane “Prova a realizzare la sua vocazione, va a cercare un lavoro" E questo lavoro che cosa è? Tu sei un funzionario di un’apparato e deve raggiungere gli obbiettivi che gli da l’apparato. Ma questi obbiettivi coincidono con la mia autorealizzazione? No, scordatelo questo. 

Siamo arrivati ad un livello di infelicità collettiva molto pesante, la stessa depressione ha cambiato forma. Quando eravamo nella società della disciplina, cioè praticamente fino al 1960 (circa), che c’era il permesso e il proibito, c’erano le regole, c’erano tute quelle cose che quelli della mia età ricordano, la depressione era organizzata sul senso di colpa, cose che ancora trovate scritte nei manuali di psichiatria.

Oggi la depressione è fondata sul senso di inadeguatezza. Io lavoro con te, ma tu una volta eri il mio compagno ora sei il mio competitore, chi di noi due va meglio quell’altro va a casa. Quindi la qualità dei rapporti di dimensione ansiogena che si vive? Ogni anno ti danno degli obbiettivi da raggiungere e se non li raggiungi, per giunta ti alzano anche l’asticella, per dire che non siamo più individui siamo funzionari di apparati.

E la nostra vita è decisamente insignificante rispetto alle strutture economiche che la governano, se l’azienda non funziona state a casa. Ma a casa io come faccio a mangiare e a vivere? Fatti tuoi! Non abbiamo più una società che si fa carta della vita degli individui.

E loro? Loro vengono, loro che cosa hanno? Potenza biologica, forza, li vedi questi ragazzi che vengono, provi a partire dalla Nigeria, attraversi il deserto, subisca delle legnate, venga messo nelle prigioni libiche che sono li come cani, queste cose non le fanno vedere perché è bello pensare che tutto funzioni bene per non impressionarci, poi attraversano il mare, nelle stive, dove non respiri. Vuol dire che ci sono delle ragioni così forti che morire per morire preferisco cercarmi la vita, preferisco provare, e arrivano.

Adesso noi abbiamo in Italia 2 milioni di Musulmani di cui però 400 mila son diventati imprenditori, perché? E perché non i nostri giovani son diventati imprenditori? Perché? È perché quando tu hai un ideale ti sforzi, ma quando tu vieni dal benessere…

Sono andato a fare una conferenza alla confcommercio a Vicenza e c’erano questi padri disperati che dicevano: “I nostri figli non vogliono più portare avanti le nostre aziende, le nostre imprese, io c’ho messo tutta la vita per fare sta roba e mio figlio non la vuole più proseguire” e io gli dicevo perché quando suo figlio ha compiuto 18 anni gli ha regalato la Porche? Che cosa puoi aspettarti se gli regali la Porche? Quello va in Porche, punto.

Abbiamo delle responsabilità. Gli abbiamo fatto provare la penuria? Gli abbiamo fatto provare la necessità?

Non esistono le virtù morali, esistono le necessità che ti rendono virtuoso!