Costumi


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Galimberti, "Teatro Osservatorio" Ass. Cult.

È questa la nostra situazione, non so se la guardate questa nostra società, non siamo felici, non siamo contenti, siamo tutti preoccupati, ci guardiamo negli occhi.

Se poi guardiamo i nostri figli ci preoccupiamo ancora di più, poi se guardiamo i nipoti è meglio che chiudiamo gli occhi. Perché i nostri figli a nostra volta non hanno fatto altro che erodere la ricchezza accumulata dai padri e dai nonni, questa è stata la loro funzione perché non possono far niente.

Io all’epoca mia potevo comprarmi una casa facendo il professore di liceo, guadagnavo 110 mila lire, una casa al metro quadro costava 75 mila lire, e quindi mettendo via, si faceva un mutuo, e si comprava la casa. Oggi un giovane può comprarsi una casa? No, gliela deve comprare il genitore. E adesso i giovani non sono in una situazione drammatica perché ci sono i genitori che li mantengono, ma i figli di questi vostri figli… qui è finita, qui è finita.

Ecco noi occidentali adesso abbiamo questa invasione, è così, e questa invasione, attenzione bene, io quando insegnavo storia nei licei, sui libri di storia c’era scritto che i popoli, le civiltà, e le culture, finivano per decadenza dei costumi. Dicevo ai miei studenti “non guardate queste baggianate facciamo una storia economica che capiamo meglio le cose”. Niente di più falso. Oggi sono perfettamente convinto che i libri che circolavano allora, che davano la decadenza dell’Impero romano sulla base della “corruzione” dei costumi sono perfettamente veri. Una civiltà cade per corruzione dei costumi. 

Roma è decaduta per corruzione dei costumi. Che cosa facevano i romani? Nessuno che lavorava, tutti quanti ai giochi, venivano mantenuti coi proventi che provenivano dalle colonie e dagli stati che avevano occupato, e poi a poco a poco non avevano più uomini che andavano a fare lavori pesanti. Quindi hanno iniziato a importare i barbari per fare l’idraulica, per fare i soldati perché nessuno era più in grado di combatterli i romani, dopo 3 secoli avevano l’imperatore barbaro che si chiamava Diocleziano, punto e accapo.

Oggi i nostri ragazzi sono in grado di fare delle guerre? Meno male che non sono più capaci, ma non è che decidono di non fare delle guerre, non sono più capaci. Non c’è più un rito iniziatico per loro. Non si interrompe mai questa loro adolescenza perenne.

Siamo veramente deboli, noi siamo il popolo più debole della terra, perché siamo il più tecnicamente assistito quindi possiamo resistere solo se diventiamo una società assediata. 
Però in una società assediata la domanda che mi posso fare io adesso è questa: lei si immagina che nella società di oggi possa nascere qualcuno che assomigli a Leonardo da Vinci, a Beethoven, se le immagina queste cose? No. Non è più possibile, quindi già da qui si vede che non è più possibile che accada quello che accaduto quando l’Europa era potente. Poi se guarda il mappamondo e guarda che l’Europa è una piccola porzione di Asia, come facciamo a resistere agli asiatici, sia nella forma dei Russi, sia nella forma dei cinesi, sia nella forma degli indiani e sia nella forma dei musulmani.

Come facciamo? Con una politica che non è più luogo della decisione, come prevedeva bene Platone, perché la politica per decidere guarda all’economia, e l’economia per decidere guarda alle risorse tecnologiche. Quindi il potere decisionale si è spostato dalla politica all’economia, questo lo sentite sulla vostra pelle tutti i giorni, e l’economia a sua volta per decidere i suoi investimenti guarda alle risorse tecnologiche. E quindi è passata alla tecnica la quale è indifferente alla vita umana, gli interessa solo lo sviluppo che noi scambiamo per progresso. Lo sviluppo è semplicemente il potenziamento di una dimensione; il progresso è lo stare meglio di una popolazione. Questa distinzione era di Pasolini e l’abbiamo pensata poco. 

E adesso ci troviamo in un contesto dove la stessa eudemonia, la stessa autorealizzazione, è impraticabile. Provi a chiedere a un giovane “Prova a realizzare la sua vocazione, va a cercare un lavoro" E questo lavoro che cosa è? Tu sei un funzionario di un’apparato e deve raggiungere gli obbiettivi che gli da l’apparato. Ma questi obbiettivi coincidono con la mia autorealizzazione? No, scordatelo questo. 

Siamo arrivati ad un livello di infelicità collettiva molto pesante, la stessa depressione ha cambiato forma. Quando eravamo nella società della disciplina, cioè praticamente fino al 1960 (circa), che c’era il permesso e il proibito, c’erano le regole, c’erano tute quelle cose che quelli della mia età ricordano, la depressione era organizzata sul senso di colpa, cose che ancora trovate scritte nei manuali di psichiatria.

Oggi la depressione è fondata sul senso di inadeguatezza. Io lavoro con te, ma tu una volta eri il mio compagno ora sei il mio competitore, chi di noi due va meglio quell’altro va a casa. Quindi la qualità dei rapporti di dimensione ansiogena che si vive? Ogni anno ti danno degli obbiettivi da raggiungere e se non li raggiungi, per giunta ti alzano anche l’asticella, per dire che non siamo più individui siamo funzionari di apparati.

E la nostra vita è decisamente insignificante rispetto alle strutture economiche che la governano, se l’azienda non funziona state a casa. Ma a casa io come faccio a mangiare e a vivere? Fatti tuoi! Non abbiamo più una società che si fa carta della vita degli individui.

E loro? Loro vengono, loro che cosa hanno? Potenza biologica, forza, li vedi questi ragazzi che vengono, provi a partire dalla Nigeria, attraversi il deserto, subisca delle legnate, venga messo nelle prigioni libiche che sono li come cani, queste cose non le fanno vedere perché è bello pensare che tutto funzioni bene per non impressionarci, poi attraversano il mare, nelle stive, dove non respiri. Vuol dire che ci sono delle ragioni così forti che morire per morire preferisco cercarmi la vita, preferisco provare, e arrivano.

Adesso noi abbiamo in Italia 2 milioni di Musulmani di cui però 400 mila son diventati imprenditori, perché? E perché non i nostri giovani son diventati imprenditori? Perché? È perché quando tu hai un ideale ti sforzi, ma quando tu vieni dal benessere…

Sono andato a fare una conferenza alla confcommercio a Vicenza e c’erano questi padri disperati che dicevano: “I nostri figli non vogliono più portare avanti le nostre aziende, le nostre imprese, io c’ho messo tutta la vita per fare sta roba e mio figlio non la vuole più proseguire” e io gli dicevo perché quando suo figlio ha compiuto 18 anni gli ha regalato la Porche? Che cosa puoi aspettarti se gli regali la Porche? Quello va in Porche, punto.

Abbiamo delle responsabilità. Gli abbiamo fatto provare la penuria? Gli abbiamo fatto provare la necessità?

Non esistono le virtù morali, esistono le necessità che ti rendono virtuoso!

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