Archive for 2014

La mia lunga estate. Parte 3.


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Ormai è già inverno, ma dovevo ancora finire la mini-serie a proposito della mia lunga estate, iniziata più di un anno fa. Al ritorno dall'Australia infatti è iniziata la mia estate in questo emisfero, durata 3 mesi esatti, fino al mio rientro in Svizzera dove l'autunno è arrivato velocemente.

Appena rientrato a Giugno ho partecipato (e vinto!) alla BresciaNoLimits 2014, la gara di corsa sui sentieri della Maddalena. Da "amatore" mi sono iscritto alla 10k, che avevo già provato l'anno scorso (in quell'occasione ero nel gruppo di testa ma.. ci siamo persi per mancanza di indicazioni dopo un paio di km dalla partenza e di conseguenza siamo finiti in coda..), e quest'anno finalmente tutto è andato liscio. La gara è stata più dura del previsto, a metà mi ha superato un atleta con il mio stesso colore di pettorina (per cui partecipante alla 10k e non alla 20k), scuotendo così le mie aspettative di vincere la gara. Fortunatamente all'ultimo km in piano l'ho ripreso ed ho concluso qualche secondo davanti a lui, ma ci è mancato poco!

A Luglio ho frequentato un corso di saldatura per "sporcarmi un po' le mani" ed imparare a costruire qualcosa di un po' più consistente con acciaio ed alluminio. Un'esperienza molto utile che dovrebbero fare tutti coloro che studiano corsi di disegno, progettazione, strutture.. senza il "feeling" di come si fanno le cose nel mondo "vero" tutta la teoria del mondo rischia di rimanere astratta e lontana dalla realtà. Tra una lezione e l'altra sono riuscito ad incastrare il corso di "ghiaccio e alta montagna" del CAI di Brescia, una bella occasione per vivere un po' l'alta montagna d'estate e conoscere splendide persone.

Qualche giorno a Temù tra Luglio e Agosto, e poi è iniziato un lungo tour per l'Italia insieme a Claudia, che è venuta a trovarmi dall'Australia. Abbiamo iniziato nel nord, proprio dalle montagne di casa, in direzione dolomiti, che purtroppo abbiamo visto con meteo un po' avverso.


Da Cortina siamo scesi verso Venezia, dove tra l'altro abbiamo visitato le belle isole di Murano e Burano, caratteristiche per i mille colori e l'atmosfera leggermente meno "turistica" rispetto a Venezia.


Non è mancata una tappa all'arena di Verona per "Madama Butterfly", di cui ho apprezzato in modo particolare la scenografia colorata e vivace:


Siamo poi scesi verso Roma, dove non è mancata una visita a tutte le attrazioni principali (e non solo), tra cui musei, scavi, Colosseo, monumenti, chiese, catacombe..




..e da qui ci siamo poi spostati a Napoli, città che per quanto caotica e disordinata è riuscita a sorprendermi specialmente per l'incredibile sottosuolo, che abbiamo scoperto anche grazie all'associazione"Borbonica Sotterranea" che organizza tour molto interessanti.


Non è mancata una tappa a Pompei, Ercolano e la costiera Amalfitana, prima di rientrare verso casa per il matrimonio di mia sorella.

A settembre siamo ripartiti in direzione Toscana, ed anche in questo caso abbiamo fatto tappa in tutte le principali attrazioni (quelle che Claudia, da classica turista Australiana, non voleva assolutamente perdere..): Pisa, Firenze, Siena, Orvieto..




Ed infine siamo rientrati verso nord, un ultimo sguardo a Milano e poi dritti verso Malpensa..

La lunga è estate si è conclusa esattamente come è iniziata più di un anno fa, con una bella festa a casa con vecchi e nuovi amici. È stato un anno interessante, ricco di esperienze nuove e importanti occasioni di crescita, sia "lavorativa" che personale. Ho conosciuto tante persone nuove, specialmente nell'altro emisfero, e più volte mi sono confrontato con modi di fare e di pensare diversi e nuovi. Ho imparato tanto e sono rientrato con tanta voglia di continuare a studiare e apprendere.

Come sempre, se da un lato ho ricevuto tanto dall'altro ho dovuto sacrificare un po' i legami con amici e parenti. Certamente la distanza non si annulla completamente neanche usando skype, facebook o quant'altro. Purtroppo credo che questo sia il "prezzo" da pagare se si scelgono esperienze all'estero, ma se c'è un tempo per partire e esplorare è certamente ora, non prima quando si è giovani ed inesperti, e neppure dopo, quando sarà davvero il momento per coltivare legami ed instaurare radici profonde.

E così, ora inizia l'inverno, o meglio:"Il mio lungo inverno - parte 1". Ad majora!

IELTS (vs TOEFL)


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Appena concluso un (ennesimo) esame di inglese, questa volta l'IELTS, richiesto specificatamente per il visto Australiano. E così, come già fatto in precedenza per il TOEFL (in questo blog), riporto qualche impressione e qualche suggerimento per chi vuole (o deve..) sostenere questo esame.

Premetto che avendolo sostenuto una volta sola (e senza prepararmi specificamente) e non sapendo ancora i risultati non posso ritenermi un esperto né ponderare il mio giudizio alla luce del mio punteggio, ma comunque può essere utile riportare qualche impressione.

La struttura del test è nota (descritta ovunque) ed è facile trovare materiale di preparazione, specialmente la serie "Cambridge". Come detto non ho fatto tanti test di preparazione, però quei due o tre che ho provato mi sono sembrati abbastanza simili all'esame. Forse la parte di "listening" è leggermente più complessa durante l'esame (ma con la stessa identica struttura), mentre il "reading" mi è sembrato più facile (nell'esame).
Il tempo a disposizione durante l'esame è sempre sufficiente, nel reading secondo me abbondante. Ahimé nel writing non c'è il pc (come stupidamente mi aspettavo, senza aver neppure verificato in internet) per cui vi tocca scrivere a mano, che per me è assolutamente ridicolo e insensato (ctrl+c/v/x non funziona con la matita, ad esempio.. oltre a dover contare le parole a mente..). Lo speaking vola, 10-15 minuti di conversazione su vari temi (anche qui, tutto descritto in internet).

Rispetto al TOEFL, credo che l'IELTS sia generalmente un po' più semplice.
  • Nel listening e nel reading si possono rivedere le risposte con calma, si può distribuire a piacimento il tempo e c'è decisamente meno stress
  • Il writing ovviamente è più critico, semplicemente perché è da fare a mano (ridicolo!)
  • Lo speaking è più "accomodante", perché si ha di fronte una persona vera e non un PC. Anche qui, meno time-pressure e più relax (ora però bisogna vedere i risultati)
Ultimi consigli:
  • Esercitatevi con i test che trovate in internet ("Cambridge"), sono decisamente abbastanza simili da risultare il miglior strumento di preparazione, anche per la parte orale (trovate qualche topic).
  • Preparatevi a 3 ore non-stop e senza pause bagno (forse sono ammesse, forse no, non si è capito questa mattina.. ci hanno detto cose diverse in momenti diversi). L'orale nel mio caso è stato nel pomeriggio, però può essere in giorni diversi
  • Ci vogliono un paio di settimane per avere i risultati. Incredibile, ma vero. Benché metà test sia a risposta "quasi chiusa" (quindi correggibile in pochi secondi) e l'altra metà tutto sommato non sia così lunga, bisogna aspettare così a lungo.
Best of luck!

Un treno verso Nord


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Domenica sera viaggiavo verso Zurigo. Mi fermo a Chiasso, faccio un paio di commissioni e mi preparo a prendere il prossimo treno. Mi si avvicina questo ragazzo giovane, carnagione scura, vestito normale. Mi chiede informazioni sul treno per Zurigo: l'orario, le fermate, il costo del biglietto. Sembra preoccupato, un po' in ansia. 

Poco dopo lo re-incontro in sala d'attesa, ancora preoccupato, un po' agitato. Vuole arrivare in Germania, questa notte. Parla qualche parola di italiano e un po' di inglese. Viene dal Senegal, ha lasciato il suo Paese per la guerra che stava massacrando perfino la sua famiglia. E' arrivato in Italia via mare e ha vissuto per un anno e mezzo in un campo di accoglienza in Sicilia, dove dice che la vita è molto dura, si fa fatica perfino a mangiare e a dormire. Ha lasciato la Sicilia qualche giorno fa, in treno, in direzione Germania. Lì spera di trovare qualcosa da fare, anche solo una scuola dove imparare qualcosa per poi andare a lavorare.

Mi dice che gli hanno già impedito una volta di entrare in Svizzera, l'hanno rimandato a Milano. E lui ha preso un altro treno fino a Chiasso, ed ora vuole prendere quello per Zurigo sperando che non lo fermino di nuovo. Sa che la guardia di finanza controlla le persone sui treni, chiede i documenti e se lo trovasse probabilmente lo rimanderebbe indietro, di nuovo. Mi dice che lui vuole solo andare in Germania e mi chiede di aiutarlo, a Zurigo, a trovare un altro treno che prosegua verso nord.

Dice che se non arriva in Germania non sa più cosa fare. E' stanco di essere respinto, stanco di non avere nessun futuro davanti a sé. Dice che in queste condizioni è stanco perfino di vivere.

E io penso che questo ragazzo potrebbe avere la mia età. A parte il colore della pelle e qualche differenza nella fisionomia, direi che tra di noi potrebbero non esserci differenze. Però lui è nato qualche chilometro più a sud, in questo infimo pianeta dell'universo. E per questo lui non sa se arriverà in Germania, non sa se mangerà domani, non sa neppure se vuole continuare a vivere.

Certo ci sono mille storie e mille problemi, mille dettagli e mille considerazioni da fare. Certo ci sono difficoltà per tutti e tante situazioni ancora più delicate. Però quando pensiamo di chiudere porte e finestre e barricarci nel nostro angolo di mondo, definendo bene il confine tra chi è dentro e chi è fuori, proviamo a pensare a cosa faremmo se in Senegal ci fossimo nati noi. Pensiamo a come agiremmo se le nostre certezze e le nostre speranze fossero fragili come quelle di questo ragazzo. Se tutto il nostro futuro fosse un treno verso nord, senza sapere nemmeno dove scendere.

A Zurigo non l'ho più visto. Spero che ci sia arrivato in Germania, o magari da qualche altra parte. Ma soprattutto spero che non abbia perso la voglia di provarci.

Discesa del rio Caldone in Val Boazzo (LC)


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Una bella discesa nella provincia di Lecco, in val Boazzo. Lasciata la macchina poco prima della sbarra (come dicono le relazioni) si prende subito il sentiero che scende ripido nel bosco (l'attacco del sentiero è proprio nei pressi della sbarra). 10-20 minuti di discesa e si entra in acqua, pronti per i primi tuffi e qualche rapida calata. 


Il famoso "sifone" di cui parlano tante guide in pratica consiste in una calata sotto una cascata, che termina in una poccia da cui l'acqua esce abbastanza rapidamente attraverso due passaggi stretti tra le rocce. In sostanza bisogna stare un po' attenti al risucchio per evitare di esser colti impreparati, comunque nulla di troppo difficile.


Alcune belle calate e tanti salti in poccie generalmente abbastanza fonde; verso la fine abbiamo trovato perfino un paio di scivoli. Quando passate sotto il viadotto siete vicini alla fine (c'è ancora un pezzo piuttosto semplice ma con qualche piccola calata).


Thanks to Simo e Mauro (e tutti gli altri!).

La mia lunga estate. Parte 2.


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Come succede sempre, anche questa volta il tempo è volato. Ricordo come se fosse ieri la prima parte di questo post, dove parlavo del viaggio in Islanda, dei pochi giorni prima della partenza per l’Australia e delle attese e aspettative connesse alla nuova esperienza. E tutto è successo così in fretta che a stento sono riuscito a raccontarlo nei pochi articoli pubblicati qui.

Più volte mi sono reso conto di essere capitato in un’azienda eccezionale, dove ho avuto la fortuna di svolgere un’internship che non avrei potuto immaginare migliore. VastSolar è una piccola azienda nel campo dell’energia solare a concentrazione che sta spingendo per sviluppare e commercializzare una tecnologia fortemente caratterizzata da elementi unici, come il design della maggior parte dei componenti e del ciclo di trasmissione del calore. E questo contesto così particolare fa sì che tutti facciano tutto, dal lavoro meramente “meccanico” di assemblaggio/riparazione di componenti, a disegni tecnici, analisi e simulazioni, modelli, diagrammi di processo, sistemi di controllo.. Negli ultimi mesi ho lavorato su così tanti progetti diversi che quasi non li ricordo neppure tutti, ho visto realizzate idee completamente mie (dall’idea al progetto esecutivo) e più volte ho “toccato con mano” il prodotto finale. Mi sono confrontato con tanti ragazzi come me e con ingegneri esperti e competenti con anni di esperienza alle spalle in grandi aziende. Ho visto più volte il “capo” in azione al momento di grandi ordini di materiale o di importanti decisioni, ed ho visto la tensione e l’adrenalina nel momento in cui venivano decisi importanti finanziamenti per la nostra azienda. Ho vissuto in un’azienda che è partita dal nulla un paio di anni fa, ha costruito un modello di centrale basato sulle brillanti intuizioni del CTO e ha realizzato un prototipo nel giro di pochi mesi. La nostra tecnologia e la forte competitività ci ha consentito di ottenere fondi per proseguire verso la fase pre-commerciale, che stiamo ora sviluppando. La costante spinta all’innovazione, al contenimento dei costi e all’ottimizzazione del design hanno caratterizzato costantemente il lavoro negli ultimi mesi, mente non è mai mancata l’applicazione concreta “nel campo” delle idee più diverse, tra cui l’assemblaggio di un’intera fabbrica per la produzione di polistirolo.. così al tavolo si parlava talvolta di analisi fluidodinamiche, modelli, equazioni e simulazioni, e talvolta di gru, container, catene e di come spostare ed assemblare i componenti della nostra fabbrica.

Difficile riassumere tutto ciò che ho imparato negli ultimi 9 mesi in VastSolar. Tanto dal punto di vista “tecnico”, come era immaginabile, ma altrettanto in altri campi anche grazie ai tanti momenti di confronti con il capo sulle tecniche di acquisto, sulle soluzioni per semplificare la realizzazione dei componenti, sui possibili problemi ancora irrisolti per i quali il confronto è ancora in corso. E il bello di questa azienda è che l’idea si discute, si disegna, si studia e poi si realizza. E si guarda il prodotto finito, lo si testa, se ne valuta l’aspetto pratico, se è facile da ricreare, da maneggiare, da assemblare. Un approccio davvero completo.

VastSolar ha indubbiamente lasciato il segno, anche grazie ai legami di amicizia che ci hanno sempre fatto vivere e lavorare insieme con entusiasmo e spirito collaborativo. Indubbiamente un’internship eccezionale, ed un’esperienza  forse insostituibile.

I weekend sono trascorsi tranquilli, spesso a Forbes tra qualche gita fuori porta, un po’ di sci nautico, squash e qualche altra attività organizzata nella piccola città. A poco a poco siamo entrati in contatto con la comunità locale, abbiamo conosciuto qualche ragazzo (e qualche ragazza!) del posto e abbiamo imparato ad apprezzare la vita tranquilla e rilassata in stile country.. e finalmente ho guidato un trattore (la famiglia di Claudia mi ha messo al lavoro.. sul serio!).




Concludo la seconda parte della mia lunga estate tornando a Sydney, dove l’inverno ormai si avvicina. Le giornate sono un po’ più corte e più fresce di quando sono arrivato, ma il clima gioioso della città non finisce mai di stupirmi.


Trascorro un tranquillo weekend con Claudia e lunedì mattina decollo sull’oceano, verso un cielo sereno e soleggiato come quello di Settembre, quando atterravo alle prime luci del giorno.

Into thin air. With thin tires.


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Next in my To-Do list.

What starts here changes the world


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The University’s slogan is: “What starts here changes the world.” I have to admit—I kinda like it. “What starts here changes the world”. Tonight there are almost 8,000 students graduating from UT. That great paragon of analytical rigor, Ask.Com says that the average American will meet 10,000 people in their lifetime. That’s a lot of folks. But, if every one of you changed the lives of just ten people—and each one of those folks changed the lives of another ten people—just ten—then in five generations—125 years—the class of 2014 will have changed the lives of 800 million people. [...] So, what starts here can indeed change the world, but the question is… what will the world look like after you change it?

Well, I am confident that it will look much, much better, but if you will humor this old sailor for just a moment, I have a few suggestions that may help you on your way to a better a world. And while these lessons were learned during my time in the military, I can assure you that it matters not whether you ever served a day in uniform. It matters not your gender, your ethnic or religious background, your orientation, or your social status. Our struggles in this world are similar and the lessons to overcome those struggles and to move forward—changing ourselves and the world around us—will apply equally to all. [...]

Every morning in basic SEAL training, my instructors, who at the time were all Vietnam veterans, would show up in my barracks room and the first thing they would inspect was your bed. If you did it right, the corners would be square, the covers pulled tight, the pillow centered just under the headboard and the extra blanket folded neatly at the foot of the rack—rack—that’s Navy talk for bed. It was a simple task—mundane at best. But every morning we were required to make our bed to perfection. It seemed a little ridiculous at the time, particularly in light of the fact that were aspiring to be real warriors, tough battle hardened SEALs—but the wisdom of this simple act has been proven to me many times over. If you make your bed every morning you will have accomplished the first task of the day. It will give you a small sense of pride and it will encourage you to do another task and another and another. By the end of the day, that one task completed will have turned into many tasks completed. Making your bed will also reinforce the fact that little things in life matter. If you can’t do the little things right, you will never do the big things right. And, if by chance you have a miserable day, you will come home to a bed that is made—that you made—and a made bed gives you encouragement that tomorrow will be better.

#1. If you want to change the world, start off by making your bed.

During SEAL training the students are broken down into boat crews. Each crew is seven students—three on each side of a small rubber boat and one coxswain to help guide the dingy. Every day your boat crew forms up on the beach and is instructed to get through the surf zone and paddle several miles down the coast. In the winter, the surf off San Diego can get to be 8 to 10 feet high and it is exceedingly difficult to paddle through the plunging surf unless everyone digs in. Every paddle must be synchronized to the stroke count of the coxswain. Everyone must exert equal effort or the boat will turn against the wave and be unceremoniously tossed back on the beach. For the boat to make it to its destination, everyone must paddle. You can’t change the world alone—you will need some help— and to truly get from your starting point to your destination takes friends, colleagues, the good will of strangers and a strong coxswain to guide them.

#2. If you want to change the world, find someone to help you paddle.

Over a few weeks of difficult training my SEAL class which started with 150 men was down to just 35. There were now six boat crews of seven men each. I was in the boat with the tall guys, but the best boat crew we had was made up of the the little guys—the munchkin crew we called them—no one was over about 5-foot five. The munchkin boat crew had one American Indian, one African American, one Polish American, one Greek American, one Italian American, and two tough kids from the mid-west. They out paddled, out-ran, and out swam all the other boat crews. The big men in the other boat crews would always make good natured fun of the tiny little flippers the munchkins put on their tiny little feet prior to every swim. But somehow these little guys, from every corner of the Nation and the world, always had the last laugh— swimming faster than everyone and reaching the shore long before the rest of us.  SEAL training was a great equalizer. Nothing mattered but your will to succeed. Not your color, not your ethnic background, not your education and not your social status. 

#3. If you want to change the world, measure a person by the size of their heart, not the size of their flippers.

Several times a week, the instructors would line up the class and do a uniform inspection. It was exceptionally thorough. Your hat had to be perfectly starched, your uniform immaculately pressed and your belt buckle shiny and void of any smudges. But it seemed that no matter how much effort you put into starching your hat, or pressing your uniform or polishing your belt buckle—- it just wasn’t good enough. The instructors would find “something” wrong. For failing the uniform inspection, the student had to run, fully clothed into the surfzone and then, wet from head to toe, roll around on the beach until every part of your body was covered with sand. The effect was known as a “sugar cookie.” You stayed in that uniform the rest of the day—cold, wet and sandy. There were many a student who just couldn’t accept the fact that all their effort was in vain. That no matter how hard they tried to get the uniform right—it was unappreciated. Those students didn’t make it through training. Those students didn’t understand the purpose of the drill. You were never going to succeed. You were never going to have a perfect uniform. Sometimes no matter how well you prepare or how well you perform you still end up as a sugar cookie. It’s just the way life is sometimes.

#4. If you want to change the world get over being a sugar cookie and keep moving forward.

Every day during training you were challenged with multiple physical events—long runs, long swims, obstacle courses, hours of calisthenics—something designed to test your mettle. Every event had standards—times you had to meet. If you failed to meet those standards your name was posted on a list and at the end of the day those on the list were invited to—a “circus.” A circus was two hours of additional calisthenics—designed to wear you down, to break your spirit, to force you to quit. No one wanted a circus. A circus meant that for that day you didn’t measure up. A circus meant more fatigue—and more fatigue meant that the following day would be more difficult—and more circuses were likely. But at some time during SEAL training, everyone—everyone—made the circus list. But an interesting thing happened to those who were constantly on the list. Over time those students-—who did two hours of extra calisthenics—got stronger and stronger. The pain of the circuses built inner strength-built physical resiliency. Life is filled with circuses. You will fail. You will likely fail often. It will be painful. It will be discouraging. At times it will test you to your very core.

#5. But if you want to change the world, don’t be afraid of the circuses.

At least twice a week, the trainees were required to run the obstacle course. The obstacle course contained 25 obstacles including a 10-foot high wall, a 30-foot cargo net, and a barbed wire crawl to name a few. But the most challenging obstacle was the slide for life. It had a three level 30 foot tower at one end and a one level tower at the other. In between was a 200-foot long rope. You had to climb the three tiered tower and once at the top, you grabbed the rope, swung underneath the rope and pulled yourself hand over hand until you got to the other end. The record for the obstacle course had stood for years when my class began training in 1977. The record seemed unbeatable, until one day, a student decided to go down the slide for life—head first. Instead of swinging his body underneath the rope and inching his way down, he bravely mounted the TOP of the rope and thrust himself forward. It was a dangerous move—seemingly foolish, and fraught with risk. Failure could mean injury and being dropped from the training. Without hesitation—the student slid down the rope—perilously fast, instead of several minutes, it only took him half that time and by the end of the course he had broken the record.

#6. If you want to change the world sometimes you have to slide down the obstacle head first.

During the land warfare phase of training, the students are flown out to San Clemente Island which lies off the coast of San Diego. The waters off San Clemente are a breeding ground for the great white sharks. To pass SEAL training there are a series of long swims that must be completed. One—is the night swim. Before the swim the instructors joyfully brief the trainees on all the species of sharks that inhabit the waters off San Clemente. They assure you, however, that no student has ever been eaten by a shark—at least not recently. But, you are also taught that if a shark begins to circle your position—stand your ground. Do not swim away. Do not act afraid. And if the shark, hungry for a midnight snack, darts towards you—then summons up all your strength and punch him in the snout and he will turn and swim away. There are a lot of sharks in the world. If you hope to complete the swim you will have to deal with them.

#7. So, if you want to change the world, don’t back down from the sharks.

As Navy SEALs one of our jobs is to conduct underwater attacks against enemy shipping. We practiced this technique extensively during basic training. The ship attack mission is where a pair of SEAL divers is dropped off outside an enemy harbor and then swims well over two miles—underwater—using nothing but a depth gauge and a compass to get to their target. During the entire swim, even well below the surface there is some light that comes through. It is comforting to know that there is open water above you. But as you approach the ship, which is tied to a pier, the light begins to fade. The steel structure of the ship blocks the moonlight—it blocks the surrounding street lamps—it blocks all ambient light. To be successful in your mission, you have to swim under the ship and find the keel—the center line and the deepest part of the ship. This is your objective. But the keel is also the darkest part of the ship—where you cannot see your hand in front of your face, where the noise from the ship’s machinery is deafening and where it is easy to get disoriented and fail. Every SEAL knows that under the keel, at the darkest moment of the mission—is the time when you must be calm, composed—when all your tactical skills, your physical power and all your inner strength must be brought to bear.

#8. If you want to change the world, you must be your very best in the darkest moment.

The ninth week of training is referred to as “Hell Week.” It is six days of no sleep, constant physical and mental harassment and—one special day at the Mud Flats—the Mud Flats are an area between San Diego and Tijuana where the water runs off and creates the Tijuana slue’s—a swampy patch of terrain where the mud will engulf you. It is on Wednesday of Hell Week that you paddle down to the mud flats and spend the next 15 hours trying to survive the freezing cold mud, the howling wind and the incessant pressure to quit from the instructors. As the sun began to set that Wednesday evening, my training class, having committed some “egregious infraction of the rules” was ordered into the mud. The mud consumed each man till there was nothing visible but our heads. The instructors told us we could leave the mud if only five men would quit—just five men and we could get out of the oppressive cold. Looking around the mud flat it was apparent that some students were about to give up. It was still over eight hours till the sun came up—eight more hours of bone chilling cold. The chattering teeth and shivering moans of the trainees were so loud it was hard to hear anything and then, one voice began to echo through the night—one voice raised in song. The song was terribly out of tune, but sung with great enthusiasm. One voice became two and two became three and before long everyone in the class was singing. We knew that if one man could rise above the misery then others could as well. The instructors threatened us with more time in the mud if we kept up the singing—but the singing persisted. And somehow—the mud seemed a little warmer, the wind a little tamer and the dawn not so far away. If I have learned anything in my time traveling the world, it is the power of hope. The power of one person—Washington, Lincoln, King, Mandela and even a young girl from Pakistan—Malala—one person can change the world by giving people hope.

#9. So, if you want to change the world, start singing when you’re up to your neck in mud.

Finally, in SEAL training there is a bell. A brass bell that hangs in the center of the compound for all the students to see. All you have to do to quit—is ring the bell. Ring the bell and you no longer have to wake up at 5 o’clock. Ring the bell and you no longer have to do the freezing cold swims. Ring the bell and you no longer have to do the runs, the obstacle course, the PT—and you no longer have to endure the hardships of training. Just ring the bell.

#10. If you want to change the world don’t ever, ever ring the bell.

To the graduating class of 2014, you are moments away from graduating. Moments away from beginning your journey through life. Moments away from starting to change the world—for the better. It will not be easy. [...] Start each day with a task completed. Find someone to help you through life. Respect everyone. Know that life is not fair and that you will fail often, but if you take take some risks, step up when the times are toughest, face down the bullies, lift up the downtrodden and never, ever give up—if you do these things, then next generation and the generations that follow will live in a world far better than the one we have today and—what started here will indeed have changed the world—for the better.


"Dovete rifare la storia dell'Italia.."


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"Studenti: non posso lasciare l'ufficio del Rettore dell'Università di Padova senza rivolgervi un ultimo appello. Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall'ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell'Italia e costituire il popolo italiano.

Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c'è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c'è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina.

Per la fede che vi illumina, per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l'oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l'Italia dalla schiavitù e dall'ignominia, aggiungete al labaro della vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo."

Concetto Marchesi, 1 Dicembre 1943

La saggezza dei libri


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Con sapienza raccogli quanto vi è di utile
ed evita con giudizio il danno.
Imita l'operato dell'ape saggia,
che si va a posare su tutti i fiori
e con competenza da ognuno
sugge il buono, avendo la natura
stessa per maestra.

Tu, con ponderazione, cogli in abbondanza
ciò che è utile, se però qualcosa ti fa male,
consapevole del danno, subito vola via.
La mente per gli uomini è un'ala veloce.

In questo senso quanto è stato scritto
per esaltare la stessa virtù e all'opposto
per biasimare il vizio, questo devi imparare
con cura, custodendone il significato
e l'eleganza dell'espressione.


Thanks to Teresa

Arduino – LCD I2C Serial Controller (Funduino)


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Semplicemente una nota tecnica per chi – come me – ha acquistato un serial controller chiamato “1602LCD Display IIC/I2C/TWI/SP I Serial Interface Board Module (Funduino)” su ebay, e non è riuscito a farlo funzionare “al volo”.


Ebbene dopo diversi tentativi e (troppo) tempo perso finalmente ho trovato la soluzione per farlo funzionare. Il basso costo del componente (il più economico su ebay) si riflette su tutto il tempo speso a causa dell’assenza di documentazione di qualsiasi tipo (nessun manuale, nessun datasheet, nessuno sketch di esempio sulla pagina ebay..)

Istruzioni:

  1. Saldate tutti i connettori e controllatene la resistività per essere sicuri che la saldatura sia efficacie. Sembra banale ma un pessimo saldatore come me ce ne ha messo un po’ prima di ottenere un risultato decente (anche se esteticamente terribile..)
  2. Scaricate la libreria “Liquid Cristal” da qui
  3. Scaricate un “I2C Address finder” (da qualche sito, purtroppo non ho più il link) e cercate l’indirizzo del display.. il mio è 0x27
  4. Infine, ecco lo sketch... la parte più importante è la definizione delle costanti (pin), che più essere diversa a seconda del serial controller.. (questa funziona con il mio Funduino)

#include <Wire.h>
#include <LCD.h>
#include <LiquidCrystal_I2C.h>  // F Malpartida's NewLiquidCrystal library

#define I2C_ADDR    0x27  // Define I2C Address 
#define BACKLIGHT_PIN  7
#define En_pin  4
#define Rw_pin  5
#define Rs_pin  6
#define D4_pin  0
#define D5_pin  1
#define D6_pin  2
#define D7_pin  3
#define  LED_OFF  0
#define  LED_ON  1

LiquidCrystal_I2C  lcd(I2C_ADDR,En_pin,Rw_pin,Rs_pin,D4_pin,D5_pin,D6_pin,D7_pin);

void setup()  
{
lcd.begin (16,2);
lcd.setBacklightPin(BACKLIGHT_PIN, NEGATIVE);
lcd.setBacklight(LED_ON);
}

void loop()
{
lcd.clear();
delay(1000);
lcd.home();
lcd.backlight(); 
lcd.setCursor(0,0); //Start at character 0 on line 0
lcd.print("Hello, world!");
delay(1000);
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Source: http://forum.arduino.cc/index.php?topic=158312.0

Flying


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Qualche giorno di (meritata) vacanza dopo settimane di duro lavoro.. ormai i lavori per la nostra prossima "centrale" stanno per iniziare, parliamo ormai di rilievi GPS e posizionamento dei primi supporti.. diversi componenti sono già in viaggio verso l'Australia, tra poco costruiremo la fabbrica dove assembleremo gli "specchi" e diversi altri componenti sono in lavorazione in Cina.. Continuano i disegni CAD, le simulazioni, i dimensionamenti di tubi e valvole.. e tra l'altro qualche giorno fa ho presentato il mio primo "disegno ufficiale" di un supporto ideato e progettato da me, che sta per essere costruito da un'azienda del posto.. nulla di speciale, anche se quando si tratta di costruire qualcosa "per davvero" tutto diventa più complesso e si procede con i piedi di piombo.. ora spero solo che il mio supporto svolga la funzione per cui l'ho progettato e si comporti esattamente come previsto dalle mie simulazioni ed elementi finiti...

Ma ora sono in vacanza, finalmente! Una decina di giorni dal venerdì prima di Pasqua alla domenica successiva. E quale occasione migliore per spostarmi a Manilla con un collega ed immergermi nel mondo del volo libero! Il mio amico è un pilota e vola autonomamente, io nel frattempo guardo, ammiro, sogno e un po' mi dispero perché non posso ancora fare il corso e diventare pilota.. essendo cittadino Italiano infatti se facessi il corso qui in Italia non sarebbe riconosciuto (sempre cara mi fu questa amata burocrazia), così ho deciso di aspettare fino al rientro..

Non ho perso l'occasione però per fare un volo in tandem oggi, e come previsto è stato proprio magnifico.. dal decollo, che avviene quasi in modo inaspettato (la vela semplicemente ti solleva dal suolo), al volo lungo la cresta, col vento che spinge in alto e fa guadagnare quota in pochi secondi.. e poi lo stupore di trovarsi dentro ad una corrente termica, guadagnando metri ogni secondo accompagnati dal "bip bip" del variometro che segnala l'ascensione.. La vela risponde lentamente ai comandi, lo "scarroccio" è notevole anche se comunque si controlla abbastanza bene.. Voliamo per quasi un'ora e poi dolcemente scendiamo al suolo ed atterriamo in un attimo nello stesso posto in cui siamo partiti.

Il volo in tandem non poteva che confermare (e rinforzare) la mia voglia di volare in autonomia, ormai è il mio goal per la prossima estate e sicuramente un'attività che porterò avanti per un po' (almeno spero).. ma in questi giorni ho riscoperto anche il fascino del deltaplano, che per qualche ignota ragione ho sempre un po' "snobbato".. nonostante l'attrezzatura sia pesante, ingombrante, trasportabile solo in auto e costosa, devo dire che.. quando ho visto decollare e volare alcuni piloti in deltaplano ho avuto i brividi, in un misto di paura (attaccati ad una vela rigida?) ed euforia.. e vederli ondeggiare nel cielo e sfrecciare rapidi da un punto all'altro mi ha semplicemente fatto innamorare di questa disciplina, che per ora rimane solo un progetto a lunga scadenza, ma che un giorno sicuramente concretizzerò (il motivo principale è che il parapendio è trasportabile a piedi ed in bicicletta, e per i prossimi anni voglio avere questa libertà di spostamento).

Ancora qualche giorno in questa oasi di piloti, dove in ogni momento si parla di meteo, lift, vele, distanze.. domenica rientrerò nella "magica" Forbes, dove mi aspetta tanto lavoro, qualche canguro e molto altro.

Lo sguardo del matematico


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L’artista, il musicista e il poeta percepiscono le meraviglie del mondo attorno a sé, raffigurandole e trasfigurandole nelle loro opere. Osservano i variopinti colori dei fiori nei prati, riproducendoli in tele realiste o impressioniste. Ascoltano i gorgheggianti canti degli uccelli, riverberandoli in composizioni pastorali. Guardano oltre una siepe, fingendosi sovrumani silenzi e profondissima quiete. Osservano la danza della graziosa e silenziosa Luna, domandandosi che ci fa in cielo. 

I loro sensi raffinati e le loro sensibilità affinate li candidano ad essere l’avanguardia emotiva di tutti noi, più poveri di spirito, che li eleggiamo a interpreti spirituali dell’umanità. Le loro tele sono esposte nei musei, le loro musiche risuonano nelle sale di concerto, i loro versi sono recitati sui palcoscenici e citati nelle conversazioni. I loro nomi, le loro vite e le loro opere costituiscono la storia della Cultura Universale, e saturano le biblioteche, le librerie e gli spazi culturali dei giornali, delle radio e delle televisioni. 

The rest is dross, “il resto è scoria”, cantava uno dei loro massimi interpreti. Eppure, ci sono molte più cose in cielo e in terra di quante se ne sognino la poesia, la musica e l’arte. Queste cose non sono percepibili con i sensi e la sensibilità dell’umanesimo, e richiedono l’affinamento di un pensiero e di un linguaggio tanto raffinati, che “intender non li può chi non li prova”. Ne ebbe sentore lo stesso Dante, che arrivato al cospetto di Dio fu costretto a deporre le proprie penne, e a dichiarare il venir meno della propria pur alta fantasia. 

E’ proprio quando si passa dalle opere del creato ai pensieri di un metaforico Creatore, che l’umanesimo finisce e inizia la matematica. Ma rispetto all’artista, al musicista o al poeta, il matematico va oltre, e non altrove. E la sua visione del mondo non sottrae bellezza alla descrizione dell’umanista, ma gliene aggiunge. Perché la bellezza c’è a tutti i livelli della Natura, dal microcosmo al macrocosmo: non solo al livello antropico, al quale siamo tutti abituati e allertati, ma che rimane marginale e secondario rispetto al tutto. 

Ad esempio, quando il matematico osserva un fiore, dietro al numero dei suoi petali nota la successione di Fibonacci e la proporzione aurea alla quale essa tende. Dietro ai suoi colori, riconosce le lunghezze e le frequenze di velocissime onde luminose. Dietro alle infinite gradazioni della tavolozza della Natura o del pittore, isola le tre lunghezze corrispondenti ai tre colori fondamentali intercettati dai tre tipi di coni della retina dei nostri occhi. Dietro alla “luce visibile”, identifica la piccola finestra aperta dalla nostra vista sullo spettro elettromagnetico, e ne riconosce molte altre aperte dalla scienza del Novecento, dalle onde radio alle microonde ai raggi X. 

E poi, quando il matematico ascolta il canto di un uccello, dietro alla sua altezza e al suo volume riconosce la lunghezza e l’ampiezza di più lente onde sonore. Dietro al suo timbro, isola i suoni puri delle componenti armoniche, esattamente come fa l’orecchio attraverso la complessa struttura del timpano. E condensando le informazioni di ciascuna armonica in tre soli numeri, corrispondenti alla lunghezza, l’ampiezza e la fase della rispettiva onda, può approssimare le caratteristiche di ciascun suono mediante liste di terne di numeri, che vengono scritte digitalmente nei compact disk e rilette acusticamente dai lettori CD. 

E ancora, quando il matematico guarda agli andirivieni palesemente errabondi della Luna e dei pianeti, vi scorge l’effetto della regolarità nascosta di moti di cerchi su cerchi su cerchi. E descrive la sovrapposizione di questi moti nello stesso modo in cui descrive la sovrapposizione delle armoniche dei suoni, scoprendo e confermando il potere unificatore del linguaggio astratto delle formule.

Naturalmente, questi non sono che esempi dello sguardo del matematico sul mondo, che si estende a ogni branca del sapere, da quelle frequentate dal pittore, dal musicista o dal poeta, a quelle praticate dal teologo, dal filosofo e dal politico. L’intera scolastica, ad esempio, fu un tentativo di affrontare il discorso su Dio dal punto di vista razionale della logica. La filosofia moderna iniziò con un Discorso sul metodo, che identificava appunto nella matematica il modello da seguire per fare discorsi chiari e distinti. E la politica alta, purificata dai bassi interessi, si affida a numeri, curve e teoremi per risolvere problemi che vanno dalle leggi elettorali alle scelte decisionali. 

Overseas


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Quote rosa?


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(...) Ora, però, almeno una parola vorrei dirla a proposito del “fondamentale” problema politico che si è dibattuto in occasione della ricorrenza dell’8 marzo: le “quote rosa”, in politica in generale, e alle prossime elezioni in particolare. Problema che è ovviamente mal posto, perché ci sarebbe un modo semplicissimo e democratico per risolverlo: una legge elettorale proporzionale e con le preferenze, con liste di candidati equamente divise a metà per sessi. 

Poiché invece ci si appresta a varare una legge truffa, e forse anche incostituzionale, maggioritaria e con le liste bloccate, il problema diventa costringere i potentati dei partiti ad alternare uomini e donne nelle loro liste, visto che i candidati saranno eletti nell’ordine in cui vengono presentati.

Ma la prima soluzione sarebbe democratica, perché permetterebbe all’elettorato femminile di eleggere candidati femmine, se così desiderano, decidendo se vogliono effettivamente un parlamento che rispecchi nella sua composizione la statistica dei sessi. La seconda soluzione è invece autoritaria, perché impone a tutto l’elettorato di eleggere candidati che sono stati imposti, uomini o donne che siano, e di accontentarsi del fatto che siano per metà di un sesso, e per metà dell’altro. 

Ma da quando il sesso è una caratteristica rilevante in certi lavori, compreso quello parlamentare? E perché mai dovrebbe essere rilevante il sesso e non, per esempio, la fede religiosa? Perché non imporre “quote atee” del 15 per 100, che rispecchino la percentuale dei non credenti in Italia, invece di avere sempre un Parlamento baciapile e in ginocchio? O “quote culturali”, che impediscano che in Parlamento sieda una totalità di analfabeti scientifici, pronti a votare all’unanimità a favore della sperimentazione di truffe quali il metodo Stamina? 

(...) Le “quote rosa”, dovunque si richiedano, non sono femministe, ma sessiste. Chiedono e pretendono che una donna sia scelta per il suo sesso, e non per le sue qualità. E tra l’altro, le donne in politica spesso non sono affatto diverse dagli uomini, e fanno esattamente la loro stessa politica. La Thatcher era una donna e una scienziata, ma non governava diversamente da Reagan, che era un uomo e un attore. Il problema, allora come ora, non era avere una donna a Downing Street, ma avere un governante che evitasse i disastri del liberismo sfrenato e selvaggio. 

Le femministe degli anni ’70 ce l’hanno insegnato: le donne dovrebbero cercare di andare al potere per proporre una visione del mondo femminile, contrapposta a quella imperante maschile. Le sessiste del giorno d’oggi non l’hanno imparato, e vogliono andare al potere per continuare a proporre l’antiquata visione maschile del mondo: refrattarietà alla satira compresa, anche se fatta da una donna su una donna. Ma quale delle due giovani donne è stata sessista, in questo caso, e quale discriminata? 

Fonte: Odifreddi

Great Ocean Road


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Sono appena rientrato da cinque giorni sulla Great Ocean Road, lungo la costa tra Melbourne ed Adelaide, nel sud dell'Australia! Partenza lunedì mattina, e subito tappa a caccia di cascate e foreste.. e poi continuiamo lungo il famoso itinerario fermandoci nei piccoli paesi (un po' affollati!) e specialmente nelle immancabili attrazioni che rendono questa strada affascinante e forse imperdibile..



Non è mancata una visita a Mt. Gambier, di cui ammiriamo il lago di un blu intenso (ed unico) e i numerosi crateri dovuti alla forte attività vulcanica di questa zona, ed infine la fantastica grotta di Tantanoola, che affascina per l'infinito numero di stalattiti e stalagmiti..



In un paio di giorni siamo arrivati così ad Adelaide, una città con un centro "storico" simile a quello di Melbourne e racchiuso tra poche vie.. Interessante il mercato coperto nel cuore della città e un paio di musei che visitiamo rapidamente in una mattinata, prima di dirigerci verso la Barossa Valley famosa per i suoi vigneti da cui si producono vini esportati in tutto il mondo.. 


Torniamo poi verso Melbourne stando nell'entroterra e facendo tappa al "Grampians National Park", un immensa distesa di verde dove si snodano innumerevoli sentieri tra cascate e foreste (un po' come in Tasmania!)



La Great Ocean Road è un itinerario affascinante in cui tra l'altro non mancano le occasioni per provare il surf (l'ho visto fare così spesso che ormai è nella mia to-do list!) nonché per ammirare paesaggi unici e fantastici.. l'ideale è campeggiare nelle tante aree disponibili (anche se i miei fellows preferivano muri solidi, così abbiamo sempre optato per una stanza..!).

Tasmania


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Avendo qualche giorno libero tra capodanno e il viaggio sulla "Great Ocean Road" ho deciso - quasi fulmineamente - di partire per la Tasmania! Dopo aver constato che un "tour organizzato" non mi avrebbe permesso di sfruttare al meglio il poco tempo a mia disposizione (nonostante creda che si tratti di una soluzione abbastanza conveniente e comoda per chi viaggia da solo), prenoto voli e auto camminando per le strade di Melbourne grazie alle fantastiche app con cui ormai si può fare tutto, o quasi.. Volo ad Hobart la mattina del 2 Gennaio, atterro con 80 km/h di vento che fanno muovere l'aereo in tutte le direzioni possibili finché finalmente non tocca terra, e mi sposto immediatamente ad Hobart. La cittadina a sud della Tasmania ha un suo fascino, ma il tempo stringe così ritiro l'auto e parto subito verso nord.


Lungo la strada mi fermo in tutte le attrazioni principali, che per la maggior parte sono parchi nazionali ricchi di sentieri e percorsi esplorativi.. mi concedo così dei "brevi" trekking (dai 10 ai 20 km al giorno) cercando di cogliere il più possibile nel poco tempo a disposizione.. Non mancano tracciati nelle foreste, cascate, sentieri in quota, e anche qualche vetta, come il "Summit" delle Cradle Mountain, che decido di raggiungere in un paio d'ore dopo aver sentito la guida del parco consigliarmi una passeggiata in riva al lago...




Tasmania è sinonimo di tanta natura, vegetazione, animali, spiagge e tanto tanto verde.. ho guidato la mia piccola utilitaria (che è stata non solo il mio mezzo di trasporto ma anche la mia vera e propria casa in questo rapido tour) su strade a volte dritte fino all'orizzonte e a volte ricche di saliscendi e curve nelle foresta, tra i campi e lungo la costa.. 


La costa est della Tasmania è caratterizzata da spiagge e baie uniche per la sabbia bianca e l'acqua cristallina, un mare così bello che non ho potuto non tuffarmici (nonostante il vento e le temperature non proprio invitanti..!).



Dopo tre giorni di completa esplorazione dell'isola (più di 1200 km!) torno ad Hobart e non sapendo come spendere l'ultimo pomeriggio cammino fino al MONA, il museo di arte "nuova ed antica", a "soli" 13 km dal centro città..!! Purtroppo però la camminata non è stata esattamente ricompensata da un museo eccezionale come mi aspettavo (anche dalle recensioni, se non solo dal prezzo di ammissione..), se non per poche opere particolarmente interessanti (chiaramente questo rimane solo il parere di un "non-esperto" assolutamente estraneo a questo campo come me..).



Un tour un po' "rush" che però mi dato l'occasione di camminare molto, di esplorare e di vedere luoghi in cui prevale la natura selvaggia e sconfinata, nonché spiagge mozzafiato e posti incantevoli.. di certo la Tasmania è molto più di ciò che ho potuto vedere in queste poche ore, anche se comunque non posso che dirmi soddisfatto!!

Tutte le foto dell'Australia sono qui!