Un treno verso Nord


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Domenica sera viaggiavo verso Zurigo. Mi fermo a Chiasso, faccio un paio di commissioni e mi preparo a prendere il prossimo treno. Mi si avvicina questo ragazzo giovane, carnagione scura, vestito normale. Mi chiede informazioni sul treno per Zurigo: l'orario, le fermate, il costo del biglietto. Sembra preoccupato, un po' in ansia. 

Poco dopo lo re-incontro in sala d'attesa, ancora preoccupato, un po' agitato. Vuole arrivare in Germania, questa notte. Parla qualche parola di italiano e un po' di inglese. Viene dal Senegal, ha lasciato il suo Paese per la guerra che stava massacrando perfino la sua famiglia. E' arrivato in Italia via mare e ha vissuto per un anno e mezzo in un campo di accoglienza in Sicilia, dove dice che la vita è molto dura, si fa fatica perfino a mangiare e a dormire. Ha lasciato la Sicilia qualche giorno fa, in treno, in direzione Germania. Lì spera di trovare qualcosa da fare, anche solo una scuola dove imparare qualcosa per poi andare a lavorare.

Mi dice che gli hanno già impedito una volta di entrare in Svizzera, l'hanno rimandato a Milano. E lui ha preso un altro treno fino a Chiasso, ed ora vuole prendere quello per Zurigo sperando che non lo fermino di nuovo. Sa che la guardia di finanza controlla le persone sui treni, chiede i documenti e se lo trovasse probabilmente lo rimanderebbe indietro, di nuovo. Mi dice che lui vuole solo andare in Germania e mi chiede di aiutarlo, a Zurigo, a trovare un altro treno che prosegua verso nord.

Dice che se non arriva in Germania non sa più cosa fare. E' stanco di essere respinto, stanco di non avere nessun futuro davanti a sé. Dice che in queste condizioni è stanco perfino di vivere.

E io penso che questo ragazzo potrebbe avere la mia età. A parte il colore della pelle e qualche differenza nella fisionomia, direi che tra di noi potrebbero non esserci differenze. Però lui è nato qualche chilometro più a sud, in questo infimo pianeta dell'universo. E per questo lui non sa se arriverà in Germania, non sa se mangerà domani, non sa neppure se vuole continuare a vivere.

Certo ci sono mille storie e mille problemi, mille dettagli e mille considerazioni da fare. Certo ci sono difficoltà per tutti e tante situazioni ancora più delicate. Però quando pensiamo di chiudere porte e finestre e barricarci nel nostro angolo di mondo, definendo bene il confine tra chi è dentro e chi è fuori, proviamo a pensare a cosa faremmo se in Senegal ci fossimo nati noi. Pensiamo a come agiremmo se le nostre certezze e le nostre speranze fossero fragili come quelle di questo ragazzo. Se tutto il nostro futuro fosse un treno verso nord, senza sapere nemmeno dove scendere.

A Zurigo non l'ho più visto. Spero che ci sia arrivato in Germania, o magari da qualche altra parte. Ma soprattutto spero che non abbia perso la voglia di provarci.

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