Archive for November 2013

La goccia scava la pietra


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Un ottimo articolo dal blog Efficacemente:

Sempre la stessa storia. Fissi un obiettivo, lo insegui con tutte le tue forze, poi (...) molli la presa. Da quel momento non riesci più ad essere costante, e tempo qualche settimana e ti ritrovi inevitabilmente a ripartire dalla casella del via. Dio quanto è frustrante. (...) 

L’esperimento del Dott. C. Peter Herman
Il Dott. C. Peter Herman è un ricercatore presso l’Università di Toronto e studia il comportamento umano in relazione all’appetito e al cibo. (...) Nel corso di uno studio su cibo ed auto-controllo, il Dott. Herman invitò nel suo laboratorio un gruppo di partecipanti, a cui era stato chiesto di digiunare nelle ore precedenti l’esperimento. Arrivati in laboratorio, ad alcuni di essi fu dato dato un piccolo frappé, giusto per fermare la fame; ad altri furono dati due frappé giganti, in grado di saziare anche un elefante; ed infine all’ultimo gruppo (il più sfigato) non fu dato nulla. Obiettivo dichiarato dello studio: avere l’opinione dei partecipanti sul sapore di alcuni snack. (...) Con la scusa degli “assaggiatori di snack”, il dott. Herman iniziò a testare attentamente il comportamento dei partecipanti di fronte ad un enorme contenitore pieno di deliziosi snack (...) I partecipanti che non stavano seguendo nessuna dieta particolare si comportarono esattamente come ci si poteva aspettare: chi non aveva mangiato nulla, divorò decine di snack; chi aveva avuto il frappé piccolo, mangiò una quantità moderata di snack; e chi aveva ingurgitato i due frappé giganti, si limitò ad annusare qualche snack e scrivere le proprie opinioni a riguardo. Ma la sorpresa arrivò con i partecipanti che in quel periodo stavano seguendo una dieta alimentare.. In questo caso la reazione fu opposta: paradossalmente le persone a dieta, che avevano bevuto due frappé, mangiarono mediamente una quantità maggiore di snack, rispetto agli altri partecipanti. Insomma si comportarono senza ritegno. Herman si domandò a lungo quale fosse il significato di questi risultati e condusse numerosi altri esperimenti per accertarsi di quanto aveva osservato. Ogni volta le persone a dieta, che avevano avuto i due frappé giganti, si sfondavano di snack. Fu a questo punto che il dott. Herman ed i suoi collaboratori compresero che cosa stesse avvenendo e chiamarono questo curioso comportamento umano, l’effetto “chissenefrega”.

L’effetto “chissenefrega”
Le persone a dieta, ed in generale tutti coloro che fissano un obiettivo, hanno in mente un certo comportamento giornaliero ottimale. Nel momento in cui, per un qualsiasi motivo (...), deragliano da questo comportamento, considerano la giornata andata, irrecuperabile (...).  A questo punto i freni inibitori rallentano la loro presa e nella mente del malcapitato si materializza un solo pensiero: “a questo punto… chissenefrega“. Questo è l’inizio della fine. Qualsiasi buon proposito va a farsi benedire e addio diete, palestre, studio e chi più ne ha, più ne metta. (...)

Consigli pratici per essere costante
  • Dai il giusto ritmo alla tua giornata. “Il mattino ha l’oro in bocca”. I detti popolari racchiudono sempre una profonda saggezza. Se vuoi evitare di incappare nell’effetto “chissenefrega”, impara a dare il giusto ritmo alle tue giornate sin dalle prime ore del mattino. (...)
  • Rifuggi la perfezione. Spesso, chi si appassiona di crescita personale sviluppa un’insana tendenza al perfezionismo. Se le condizioni non sono perfette, se si è sgarrato anche di una sola virgola, buttiamo via il bambino con l’acqua sporca (...). Sforzati di rifuggire la perfezione: se riesci a rispettare i tuoi buoni propositi solo all’80% è ok, ed è sempre meglio che buttare l’intera giornata nel cesso.
  • Perdi il controllo. Non puoi avere il controllo su tutto: ci saranno sempre giornate storte, eventi che non avevi previsto, ricercatori cornuti che ti offrono due frappé giganti. Accettalo e vai avanti. Il percorso verso il successo non è mai lineare: a volte fai un passo avanti e tre indietro, l’importante è non fermarsi.
  • Tieni traccia dei tuoi progressi. (...) L’effetto “chissenefrega” scatta quando ci convinciamo che un singolo sgarro abbia mandato tutto a belle signorine. Non è così, ma se non tieni traccia di tutti i progressi che hai fatto finora, non potrai mai raggiungere questa consapevolezza. (...)

Mente e corpo


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Incredibile che un numero sempre maggiore di studi confermi l'importanza e l'efficacia del cosiddetto "effetto placebo". Di certo le reali possibilità della nostra mente e il legame mente-corpo rimangono ancora campi affascinanti, misteriosi e ricchi di prospettive..

Nella Grecia antica la malattia era concepita come un disordine dovuto alla rottura dello stato di normalità e si riteneva il corpo capace di una forza «risanatrice innata», iscritta nella profondità del suo essere biologico. Secondo un testo ippocratico, la natura umana è il «medico delle malattie», capace di trovare da sola la via della guarigione. Molta acqua è passata sotto i ponti da quei tempi e da quella medicina, ma oggi stranamente, in un’epoca di diagnosi supertecnologiche, di farmaci «intelligenti» e di apparente conoscenza dei processi patologici negli aspetti più minuti, molte certezze vacillano. E riprende forza, in chiave moderna, l’idea di una capacità innata del nostro organismo di reagire alla malattia, qualora prevalga un’aspettativa positiva.

Tornano in mente alcuni studi condotti negli anni Ottanta, a quell’epoca frettolosamente dimenticati, su donne operate di tumore alla mammella (tutte ad un certo stadio della malattia) curate con un identico regime di chemioterapia, dove compariva una strana forbice: quelle seguite nell’anno successivo da uno psicologo, erano meno colpite da metastasi, quasi che quel sostegno bastasse a arginare la malattia. Psiche e cancro, un pianeta ancora poco esplorato, ma ricco di suggestioni e interrogativi. E oggetto di studi, soprattutto oltreoceano. (...)

«Molti studi sono stati fatti, soprattutto nell’ultimo decennio, sull’animale da esperimento e sull’uomo (...) per capire come lo stress cronico influisca sull’evoluzione della malattia; si è visto che probabilmente tutto si gioca sulla sua capacità di deprimere certe risposte immunitarie. Interessante a questo riguardo uno studio su donne con tumore del fegato: quelle con segni palesi di depressione avevano un numero più basso di cellule deputate alla difesa dell’organismo, ma anche una sopravvivenza inferiore rispetto alle altre che cercavano di affrontare le malattia con ottimismo».

(...) Sempre più ci si accorge, comunque, che gli eventi della vita e la capacità di gestirli (si potrebbe dire, di superare lo stress che ne deriva) modificano la storia naturale di una malattia come il cancro. E che per muoversi meglio in questo panorama ancora confuso, a poco servono sia il pensiero riduzionista, che ci trasforma in un mosaico di organi, sia il dualismo artefatto fra mente e corpo, altrettanto distante dalla realtà. La persona malata per fronteggiare il suo problema, oggi forse, oltre che dei farmaci e del bisturi (comunque ineliminabili), ha bisogno di alleati, di speranza, di aspettative positive. E di studi che approfondiscano questi aspetti. Visto in questa prospettiva, appare saggio il compito che la medicina si era posta nell’antichità: appoggiare la forza auto-curatrice che risiede nel corpo.

Tratto dal Corriere

Dura lex..


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Purtroppo non sto seguendo attentamente la vicenda "Cancellieri", ma Odifreddi ancora una volta riesce a scrivere in modo puntuale e pungente dando alla riflessione un più ampio respiro..

La scoperta che, dietro la scarcerazione di Giulia Ligresti per “motivi umanitari” ci sia in realtà l’interessamento del ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, riporta alla memoria altri episodi di mala giustizia del passato, da parte dei potenti a vantaggio dei loro amici: dalla soffiata da parte dell’allora presidente del Consiglio, Francesco Cossiga, a Donat Cattin per favorire la fuga del figlio accusato di terrorismo, alla telefonata dell’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per liberare la famigerata “nipote di Mubarak” dal fermo di polizia. 

Ciò che accomuna questi episodi è una concezione di “superiorità alla giustizia” proprio da parte di coloro che, a causa del loro ruolo istituzionale, dovrebbero invece sottomettervisi in maniera ancora più esemplare di quanto non sia richiesto a un normale cittadino. In tutti questi episodi, affiorano interessi privati in atti pubblici: nel caso particolare della signora Cancellieri, una lunga amicizia con la famiglia Ligresti, con torbidi favori finanziari concessi al figlio. Nella fattispecie, una buonuscita di 3,6 milioni di euro dopo un anno di “lavoro” come direttore generale di una holding dei Ligresti. 

Come sempre succede in questi casi, il Palazzo fa quadrato attorno ai suoi esponenti. Da un lato, si adducono appunto gravi “incompatibilità” della povera (nel senso di ricca) signora Ligresti al carcere: come se al mondo ci fosse qualcuno che col carcere è compatibile, e non soffra per la detenzione e i suoi effetti. Dall’altro lato, le massime autorità dello Stato, dal presidente della Repubblica a quello del Consiglio, sembrano accettare la scusa del ministro, di aver agito “secondo coscienza”: come se per il ministro del Giustizia la coscienza potesse essere un sostituto della legge e della trasparenza. 

La realtà è, molto semplicemente, che la legge non è affatto uguale per tutti, nonostante ciò che sta scritto nei tribunali. Per i potenti, economici o politici, la legge è diversa, e loro la aggirano silenziosamente a piacere. Ma a volte, come in questo caso, il silenzio viene infranto: in tal caso la decenza vorrebbe che, invece di arrampicarsi sui vetri, la signora Ligresti tornasse in cella, come una qualunque pregiudicata sottoposta alla carcerazione preventiva, e la signora Cancellieri tornasse a casa, come un qualunque ministro preso con le mani nel sacco. Anche se, probabilmente, non succederanno né una cosa, né l’altra. 

Change the way you see the world!


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Spesso il miglior modo per comunicare un messaggio è.. rappresentarlo! Questa collezione di "mappe" ne è un esempio..

The yellow area represents where two percent of Australia's population lives.

Italia all’ultima spiaggia


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Un ottimo articolo, provocatorio (forse) e molto attuale. Thanks Bruno Tinti (Il Fatto Quotidiano).

Qualche giorno fa, Rai 3: Pompei, com’è, che si fa, che si dovrebbe fare. Il responsabile del sito, una signora, non ne ricordo il nome: abbiamo fatto tantissimo. Ma come, ci sono stati crolli, rovine. Sì, ma servono soldi e personale e non li abbiamo; però lavoriamo tantissimo e bene. Della serie: facciamo il possibile ma Pompei va in rovina lo stesso. Ovviamente così può dirsi per chissà quanti siti archeologici, opere d’arte, monumenti. Tutti i giorni: l’economia va male, malissimo, malino, ci sarà una ripresa dello zero virgola, la pressione fiscale insostenibile, la crescita, il lavoro, le imprese… servono tagli… Di cosa, di quanto, non si sa. Così da una vita. Nessuno lo ha mai negato per quanto riguarda il patrimonio artistico e archeologico; e, per quanto riguarda la bancarotta dello Stato, la si ammette da quando è stato possibile imputarla alla crisi dei subprime. Della serie: non è colpa nostra, è colpa della crisi. Come se un debito pubblico di 2. 300 miliardi di euro costruito negli ultimi 20 anni non derivasse dall’incapacità e dal malaffare della nostra classe dirigente. 

Adesso una timida proposta: vendiamo gli stabilimenti balneari e con quei soldi copriamo il mancato gettito dell’Imu. Coro di no. Il sacro suolo, l’ambiente, la speculazione. Tutta gente che non è mai stata ad Alassio (per dire, di posti così ce ne sono migliaia). Il mare segregato da una striscia continua di palizzate e cabine, non si riesce nemmeno a vederlo: sono gli stabilimenti. Ogni tanto (il rapporto sarà di 1 a 10) c’è una striscia larga 10 metri di sabbia sporca e puzzolente: la spiaggia libera. Questo sarebbe l’ambiente da tutelare. Mettiamoci d’accordo subito. È vero, ci sono cose che non si fanno. In realtà, che non si dovrebbero fare. 

Per esempio, non è giusto mercificare il corpo degli esseri umani con la prostituzione e distruggere corpo e mente con droghe. E, naturalmente, non è giusto sottrarre arte e natura al godimento di tutti i cittadini. Quindi lo Stato deve adoperarsi perché tutto questo non accada. Che si adoperi, può darsi, che ci riesca è sicuro di no. Proprio come per Pompei: lavoriamo tanto ma… Allora la domanda è: se non si riesce a impedire prostituzione, droga, rovina del patrimonio archeologico e naturale; se, nel tentativo di farlo, si spendono – inutilmente – un sacco di soldi, ha senso continuare a far finta di fare quello che è giusto, dilapidare le poche risorse pubbliche disponibili e lasciare andare in rovina persone e ambiente? Ovviamente no. L’alternativa? Dove non si può reprimere si regolamenta; dove non si può eliminare il danno, lo si riduce. La presenza di decine di migliaia di prostitute lungo le strade d’Italia rende evidente che la repressione non serve a niente; che la salute pubblica è in pericolo; che le condizioni di vita di queste persone equivalgono alla schiavitù.

Ha senso continuare con leggi che impediscono la regolamentazione di un fenomeno che non si può reprimere? Non è meglio consentire la costruzione di siti in cui la prostituzione possa essere esercitata in sicurezza e salubrità? Non è meglio tassarla recuperando somme variabili tra i 5 e i 10 miliardi di euro all’anno? Nel 2010 la Commissione Globale sulle politiche delle droghe istituita dall’Onu ha pubblicato un rapporto drammatico: “La lotta alla droga è fallita. Dal 1998 al 2008, i consumatori di oppiacei sono aumentati del 34, 5 per cento, quelli di cocaina del 27 per cento, quelli di cannabis sono passati dai 147 a 160 milioni”. Quanto sia fondata questa analisi lo si può constatare quotidianamente: per procurarsi una dose di qualsiasi cosa basta una telefonata o una sosta in piazzetta. 

La repressione è inutile. Ha senso continuare a riempire le carceri di minispacciatori che sono scarcerati dopo una settimana per fare posto ad altri come loro? Serve a qualcosa spendere miliardi di euro per incidere dello zero virgola sul quantitativo di droga disponibile sul mercato? Non è meglio venderla in farmacia a pochi euro, con obbligo di identificazione per i minori, eliminando così mercato clandestino e criminalità indotta? E, quanto al patrimonio artistico e naturale. Non è meglio vendere le spiagge, con l’obbligo di rispettare progetti edilizi che valorizzino l’ambiente (ogni violazione deve essere causa di risoluzione del contratto senza diritto alla restituzione di quanto pagato), piuttosto che assistere inerti al sacco del litorale in cambio di quattro soldi per le concessioni? Non è meglio vendere i siti archeologici, addossandone i costi della manutenzione agli acquirenti, invece che contemplare il loro degrado consolandosi con “abbiamo fatto quello che abbiamo potuto?” Anche qui, ovviamente, consentendone lo sfruttamento commerciale nel rispetto vincolante di progetti predisposti dallo Stato: alberghi, ristoranti, siti commerciali; tutta roba che c’è già, spesso abusiva, quasi sempre orribile. 

Certo che è meglio. Ma non si fa. Per ipocrisia: lo Stato ha il compito di reprimere prostituzione e traffico di droga, di tutelare il patrimonio artistico, culturale e naturale; lo sta facendo e lo farà sempre meglio. Per demagogia: il patrimonio artistico, archeologico e naturale è di tutti; mai ne consentiremo la privatizzazione per il godimento di pochi. Per ideologia: prostituzione e droga sono peccato; non se ne può diventare complici regolamentandoli. Fantastico. Visiteremo Pompei incespicando in pezzi di mura crollate, pungendoci con siringhe abbandonate e calpestando preservativi infetti.

Il ruolo della Matematica


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Un ottimo articolo di un professore universitario (fisico matematico) che fa riflettere sulla funzione e sull'importanza della matematica come struttura ultima della "scienza", davvero una lettura interessante ed estremamente densa.

La contrapposizione Scienza Pura / Scienza Applicata esiste dal momento in cui esiste la tecnologia, cioè da quando l'uomo ha cominciato a costruire utensili. Vorrei qui cercare di sfatare il pregiudizio comunemente diffuso, probabilmente anche a livello di istituzioni sia nazionali che internazionali (CEE). Si tratta della seguente idea "che possa esistere la scienza applicata senza la scienza pura o che comunque la prima sia largamente indipendente dalla seconda e pertanto la si debba finanziare "di più" e semplicemente ''tollerare'' la seconda... E anche che si debba giudicare (e quindi finanziare) la scienza pura in base alla ricaduta sociale immediata."

Consideriamo allora la storia delle invenzioni e scoperte a più grande impatto sociale per rendersi conto dell'ingenuità del pregiudizio. (...) 
  • La tecnologia che ha maggiormente caratterizzato la vita di ogni giorno alla fine del secolo scorso e dell'inizio dell'attuale è la tecnologia dei semiconduttori. Si tratta dell'applicazione della teoria quantistica alla conduzione elettrica. Senza la formulazione teorica della meccanica quantistica nessuno avrebbe pensato di cercare un sostituto microscopico (conduttore drogato o semiconduttore) alle precedenti valvole termoioniche e, cosa importantissima, non ci sarebbero stati nemmeno gli strumenti concettuali per poter trattare l'insieme di dati fenomenologici che sottendono tale tecnologia. Il transistor e la microelettronica, come oggetti finali tecnologici di questo tipo di scienza applicata, sono la punta di un iceberg di risultati e concettualizzazioni propri della scienza pura non finalizzata ad alcuna applicazione pratica. In generale, la parte sommersa di tale iceberg è quanto più immensa quanto più la tecnologia è complessa.  
  • Lo stesso discorso può essere  ripetuto per altre tecnologie come il LASER,  tutti i sistemi moderni di screening medico automatico, come la risonanza magnetica e la tomografia ad emissione di positroni. (...) 
  • Le applicazioni più recenti della genetica molecolare sono la punta di un iceberg di un bagaglio di simili conoscenze della scienza pura in ambito biochimico. Basta leggere il classico testo sulla scoperta del DNA di F.C. Crick e J.Watson per rendersene conto.  E' poco noto che  l'esistenza di una struttura  autoriproducente alla base dei sistemi viventi era  già stata  proposta e studiata teoricamente, prima della scoperta sperimentale del DNA, da due delle menti  più geniali del secolo scorso: E. Scroedinger e  J. von Neumann  con motivazioni del tutto teoriche e reciprocamente indipendenti. 
  • Un ulteriore esempio ancora più importante è il il WEB (internet). Nella forma in cui lo conosciamo oggi è stato pensato e costruito tra il 1979 e il 1991. Si tratta di un'invenzione che deriva come sottoprodotto dalla scienza pura. Alla fine del secolo scorso in uno dei laboratori più importanti della scienza pura, il CERN di Ginevra, era necessario costruire un linguaggio informatico per scambiare rapidamente informazioni (dati scientifici di vario genere) attraverso la rete locale di computers dei gruppi di ricerca che lavoravano su differenti esperimenti. In questo modo nacque l'ipertesto ed il linguaggio html. Questo esempio rende anche conto del fatto di come sia difficile prevedere (o dirigere con la scelta a priori di cosa sia finanziabile in base a probabili ricadute sociali) la nascita di nuove tecnologie a grande impatto sociale. Se si esaminano gli scenari avveniristici previsti dai futurologi del secolo scorso, il WEB era fuori della loro portata (eccetto forse per alcune intuizioni geniali di Marshall McLuhan).
Come poteva essere a disposizione degli scienziati,  per esempio, inventori del transistor, un bagaglio di nozioni teoriche e fenomenologiche "pronto per l'uso"? Una risposta, secondo me, che coglie gran parte della verità,  è questa: 

"perché coloro che hanno accumulato questo bagaglio conoscitivo non erano motivati da interessi particolari applicativi, ma volevano "solo" capire "come funziona" il mondo fisico e, per questo motivo, si sono mossi in tutte le direzioni possibili."

Ma qual'è il ruolo della matematica  in tutto questo discorso?

Il ruolo è centrale, restringendosi a quelle scienze il cui linguaggio teorico è fortemente contaminato da quello matematico: fisica e chimica prima di tutto, ma anche la biologia molecolare e, come ricaduta diretta sulla tecnologia, tutti i campi dell'ingegneria. Possiamo dire che “senza opportuni concetti matematici la scienza pura e, di riflesso, quella applicata, non potrebbero nemmeno esistere.” (...) Gli esempi sono tantissimi nella storia della scienza, vediamone solo alcuni.
  • La meccanica classica galileaina e newtoniana si basa in modo fondamentale sulla geometria euclidea. La geometria euclidea è il linguaggio della fisica meccanica elementare. Senza lo studio approfondito delle coniche, per esempio, non si sarebbe mai potuta concepire l'idea  che i pianeti, intorno al sole,  si muovono lungo ellissi con buona approssimazione, arrivando  a formulare le leggi di Keplero. Di conseguenza non sarebbe stato così facile dedurre la legge di gravitazione universale.
  • La relatività generale senza geometria differenziale riemanniana non sarebbe mai nata: non ci sarebbe stato il linguaggio stesso per poter semplicemente immaginare le nozioni elementari di tale teoria. Non esisterebbe nemmeno la cosmologia moderna.
  • La meccanica quantistica non avrebbe avuto il linguaggio concettuale per poter formulare le sue leggi senza l'analisi funzionale, ma prima ancora l'algebra non commutativa della matrici.
  • La nozione di entropia termodinamica senza il calcolo integrale non sarebbe mai stata formulata.  
  • Il modello standard delle particelle elementari non esisterebbe senza la teoria dei gruppi di Lie e non avremmo  ma nemmeno la nozione moderna (dovuta a E. Wigner) di particella elementare.
  • Le teorie moderne del legame chimico molecolare, in fisica-chimica, non si sarebbero potute formulare senza la teoria delle equazioni differenziali alle derivate parziali, la teoria dei gruppi e la teoria delle mappe multilineari alternanti. 
  • L'analisi teorica della cinetica delle reazioni chimiche non esisterebbe senza la teoria delle equazioni differenziali ordinarie. 
Di fatto tutta la matematica, dalla logica matematica  alla geometria algebrica, sono state usate e sono usate in applicazioni. (...) Praticamente tutti i concetti e ragionamenti fondamentali di alcune delle scienze moderne più importanti sono  rappresentati da termini propri di un preciso linguaggio matematico preesistente, senza il quale in tali scienze non sarebbe possibile argomentare o addirittura pensare. (...)

Credo sia doveroso precisare che esiste comunque un importante processo di feedback della scienza non matematica sulla matematica e della scienza applicata sulla scienza pura. Vorrei soffermarmi sul primo caso. Il menzionato feedback si esplica nel fatto che lo sviluppo di certi rami della matematica hanno ed abbiano avuto, tra le loro motivazioni, ragioni  di carattere applicativo. Tuttavia il processo di costruzione delle teorie matematiche anche quando  basato su motivazioni iniziali applicative,  prescinde rapidamente da esse e prosegue autonomamente emancipandosi dal significato dei termini, spesso rimanendo contaminato da percorsi matematici paralleli ed indipendenti, nati con  diversissime motivazioni. Alla lunga questo processo si è rivelato come un potentissimo punto di forza, non un inconveniente, per le stesse applicazioni della matematica. La verità semantica viene sostituita dalla coerenza logica emancipandosi dal significato iniziale dei termini matematici. Il processo produce autonomamente nuovi enti teorici (spesso inimmaginabili lavorando su un piano semantico) il cui significato può essere dato e modificato a seconda del contesto applicativo.  La sola coerenza logica della costruzione è garanzia della verità delle affermazioni nella realtà, il possibile significato dei termini è irrilevante. Garzie a tale processo, per esempio, idee che motivate dalla meccanica dei mezzi continui, come la nozione di tensore, sono state successivamente utilizzate con successo in contesti completamente differenti, come la teoria della relatività generale. Oppure la nozione di entropia, motivata dallo studio delle macchine termodinamiche del secolo XVII ha avuto un suo impiego fondamentale nella teoria dell'informazione, nella teoria delle macchine calcolatrici e nella formulazione teorica delle leggi fisiche dei buchi neri. Si tratta di un processo creativo e libero di altissimo livello, il più alto credo del quale sia capace la mente umana. La formulazione matematica della meccanica quantistica è uno dei massimi esempi di questo processo: riuscire a gestire rigorosamente la fenomenologia sperimentale che sottende  il principio di indeterminazione di Heisenberg, che sfugge e modifica le categorie kantiane, credo non abbia precedenti nella storia del pensiero. Forse solo comparabile alla sintesi einsteniana in cui la dinamica e la causalità fisica vengono ''ridotte'' ad una versione superiore di geometria.

(...) Per affrontare i problemi concreti, della cui natura si conosce poco e a volte nulla, è necessario avere a disposizione un serbatoio di soluzioni possibili o di mattoni per costruire tali soluzione. Più grande è questo serbatoio più è alta la possibilità di risolvere i problemi. Il serbatoio della scienza applicata è la scienza pura e un grande serbatoio per scienza pura è la matematica pura.

Un ultimo commento del tutto personale. Io credo che, a chi ci chiede provocatoriamente: a cosa serva la matematica se se ne tolgono le (pur importantissime) applicazioni e le ricadute sociali, dovremmo anche avere il coraggio di rispondere con lo stesso grado di provocazione:

"Non serve a niente, esattamente come l'Arte. Per questo è altrettanto importante."

Registration


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Con un po’ di ritardo rispetto alle mie intenzioni, finalmente scrivo qualcosa della mia vita in Australia. Il lavoro nell’azienda “solare” procede bene ed invade più o meno completamente ogni mia giornata. A fine Ottobre abbiamo ricevuto una visita importante da parte di membri di varie commissioni che decideranno se finanziare il nostro progetto con qualche numero a 6 zeri, per cui nei giorni precedenti abbiamo speso considerevoli energie per accertarci che tutto funzionasse alla perfezione. Abbiamo sistemato ogni singolo problema ed ho avuto modo di cimentarmi tanto nell’assemblaggio degli “heliostats” (motori, ingranaggi e alberi) quanto nella sostituzione di PCB (schede elettroniche di controllo dei motori), batterie, cavi e quant’altro.. tanto tanto lavoro (anche di sabato), ma il giorno fatale tutto è andato per il meglio e il campo di specchi era davvero bello e funzionante, così bello che mi sono arrampicato sulla torre solo per vederlo dall’alto e fare qualche foto (top secret, sorry!).

Per fortuna da un paio di settimane i ritmi si sono un po’ allentati e, sebbene continuiamo a prenderci cura di ogni problema nel campo, riusciamo a trascorrere qualche ora anche in ufficio ad ultimare il progetto del prossimo impianto (che inizieremo a breve). Incredibile quante cose vadano seguite e curate nei minimi dettagli, non solo – ovviamente – la progettazione dei componenti, ma anche per esempio le tecniche di imballaggio e la sistemazione nei container di spedizione per ottimizzare tempi e costi. Ogni problema si discute e si affronta insieme, il brain storming non manca mai e ogni idea è seriamente considerata ed analizzata.. il bello di una startup è anche questo clima così propositivo, in cui ognuno può contribuire come meglio riesce. Il lavoro nel campo è sempre interessante anche se non sempre efficiente a causa di alcune scelte in fase di progettazione che rendono le operazioni talvolta lente e poco produttive (ah quanti specchi sto muovendo manualmente, ruotando a mano le ghiere dentate..) e l’assenza di una procedura “sistematica” talvolta rende il lavoro ridondante e superfluo.. insomma, c’è tanto da fare! Essendo un po’ stufo di risolvere più volte lo stesso problema ho scritto qualche riga di software e così ora abbiamo un semplice portale web di gestione del campo di specchi, dove possiamo tener traccia di ogni problematica e delle varie modifiche apportate.. finalmente!

La vita extra-lavorativa è molto limitata, però c’è ancora.. per il momento! In realtà le attività qui nei dintorni non abbondano, quindi partecipiamo più o meno a tutto ciò che viene organizzato nel raggio di 50 km. Ad esempio qualche settimana fa siamo perfino andati ad una “festa” per famiglie organizzata all’interno di una scuola elementare vicino alla nostra fattoria, dove tra l’altro ho scoperto diversi giochi semplici e perfetti per simili occasioni.


Un paio di volte siamo stati a Parkes, un paese poco più grande di Forbes (che è il paese più vicino a noi), dove tra l’altro si trova un grande “dish” usato come radio telescopio. Si dice che le immagini del primo atterraggio lunare siano arrivate proprio a questo disco e da qui siano state ritrasmesse in tutto il mondo..!


Lo scorso weekend abbiamo deciso di andare a Wellington, un paesino ad un paio di ore di strada da noi famoso per alcune grotte particolarmente grandi ed affascinanti. Io, Patrick e le tre ragazze inglesi che lavorano nella nostra stessa fattoria ci mettiamo in marcia appena dopo colazione e verso le 12 stiamo per raggiungere la nostra meta quando un auto della polizia ci invita a fermarci al lato della strada. L’agente si avvicina e dice che il nostro mezzo (il pick-up dell’azienda) non è registrato (e neppure assicurato..), così ci regala 607$ di multa che potrebbero perfino aumentare considerando che una parte della targa posteriore è rotta (ulteriore infrazione..). La notizia un po’ ci scuote (soprattutto l’importo) e in particolare non ci è chiaro se possiamo continuare a guidare il pick-up o no, così facciamo qualche telefonata per capire come muoverci.


Poco dopo decidiamo di proseguire fino a Wellington (a pochi km) e mangiare qualcosa in attesa che il boss ci richiami con nuove istruzioni, finchè non ci viene detto “ufficialmente” di lasciare il mezzo lì e farci venire a prendere da un nostro collega, il quale riporterà a casa un paio di persone tra cui Patrick, che a sua volta tornerà a prendere gli altri (siamo in troppi per un viaggio solo..). Insomma, ci aspettano diverse ore di attesa a Wellington! Per fortuna mentre aspettiamo il nostro amico riusciamo a visitare le grotte (guidando per un po’ il mezzo non registrato), che si rivelano davvero interessanti.




Yiyang (il collega) arriva per le 17 e subito riparte con Patrick e Kat, mentre io e le altre due ragazze passeggiamo tranquillamente per Wellington con la prospettiva di 5 ore di attesa.. la sera mangiamo qualcosa in un pub in città e per le 23 Patrick e Kat sono di ritorno, così finalmente saliamo in macchina e ci dirigiamo verso Forbes. Ovviamente non poteva mancare un'ulteriore auto della polizia che ci fa nuovamente accostare mentre l’agente esegue un rapido controllo su Patrick, che per fortuna non ha bevuto nemmeno un sorso di birra prima di partire.. arriviamo a casa a notte fonda, stanchi ma abbastanza contenti (almeno finchè non pensiamo alla multa).

Alla fine probabilmente la multa la pagheremo noi anche se ci aspettavamo che il boss si rendesse conto che non spetta a noi registrare il veicolo, e ci sono persone in azienda che hanno proprio questo compito (perfino in un team piccolo come il nostro!). Anyway ormai è fatta, e in fin dei conti non è successo niente di grave..

Ci aspetta ora un altro mese di lavoro in attesa che inizi il cantiere del prossimo progetto: tra poco inizieremo a preparare il campo ed a produrre specchi, poi arriveranno gli “heliostats” dalla Cina (dove  vengono assemblati) e nel giro di pochi mesi la centrale sarà completa. Nel frattempo le vacanze natalizie si avvicinano e ovviamente ci stiamo già organizzando..!